sabato 31 dicembre 2016

CHE IL 2017 PORTI ...

A tutti quelli che continuano a camminare nonostante le difficoltà 
e a tutti quelli che si sono persi per strada,
a tutti quelli che hanno scelto di cambiare se stessi 
e a tutti quelli che vogliono cambiare gli altri
a tutti quelli che pensano quello che fanno e dicono quello che pensano
e a tutti gli altri
a tutti quelli che amano 
e a tutti quelli che pensano di amare
 a tutti quelli che si accontentano di quello che hanno 
e a tutti quelli che niente è mai abbastanza
 a tutti quelli che vivono il presente 
a tutti quelli che ripetono il passato o programmano il futuro
a tutti quelli che la trasformazione è crescita 
e a tutti quelli che preferiscono l'immobilità
a tutti quelli che hanno il coraggio di cambiare
e a tutti quelli che hanno paura a farlo
a tutti quelli che sanno vedere
a tutti quelli che vedono solo se stessi
 a tutti quelli che sono capaci di tornare bambini  
e a tutti quelli che sono troppo seri per farlo 
a tutti quelli che amano gli animali 
e a tutti quelli che non sanno cosa si perdono
a tutti quelli che stanno bene nella natura 
e a tutti quelli che senza centri commerciali non respirano
a tutti quelli che alla tristezza segue la gioia 
e a tutti quelli che è solo e sempre buio
a tutti quelli che sanno scegliere 
e a tutti quelli che non sanno più farlo
a tutti quelli che volano con la fantasia  
e a tutti quelli che uno più uno può solo far due
a tutti quelli che hanno il coraggio di ascoltarsi e di guardare alle cose cambiando prospettiva
 a tutti quelli che ci stanno provando o ci proveranno
e a tutti quelli che non hanno la forza per farlo

che il 2017

porti terra ove mettere radici,
 acqua per dissetarsi,
fuoco per scaldarsi,
 aria per respirare,
e tanta Luce nel cuore!

Donatella


venerdì 30 dicembre 2016

LA PESANTEZZA DEL CORPO

Il Natale porta con sè la gioia del ritrovarsi insieme e della condivisione. Esso è occasione di lunghi e luculliani pasti dai quali si riemerge appesantiti. Ci si muove poco e si mangia e si beve più del solito, tanto che spesso si salta il pasto successivo per compensazione.
Il corpo risente del cambiamento di ritmo e si ritrova a fare i conti con un'alimentazione eccessiva. Senso di pesantezza, spossatezza, mal di testa, nausee, acidità di stomaco, gambe gonfie e lombalgie, spesso accompagnano il post baldoria.
Ci si sente come palloncini gonfi che stentano a decollare. E osservando svanire il piacere goduto della buona tavola, ci si ritrova a fare i conti con i chili guadagnati e con la stanchezza.
L'appesantimento del corpo non stimola il movimento e si finisce piallati sul divano a spilluzzicare i cioccolatini avanzati per non pensarci.
E poco per volta non ci piacciamo più. Fatichiamo a rilassarci veramente e dormiamo male. E questo corpo sempre più tondetto si trasforma in un'ancora che ci trasciniamo dietro a fatica, tanto da convincerci a iniziare, con le migliori intenzioni, la dieta del salta i pasti o rendili invisibili e insapori il più possibile.
Scivoliamo da un estremo all'altro. O troppo o troppo poco. Ci siamo persi la via di mezzo.
Respiriamo profondamente e ritroviamo nel corpo un alleato: portiamolo a passeggio e pratichiamo i 5 esercizi de IL RITMO DEL CORPO invece di costringerlo all'immobilità;  non puniamolo con diete ferree, ma ritroviamo ritmo ed equilibrio anche nell'alimentazione. 
L'umore è pessimo? Portiamo pazienza, perdoniamoci le trasgressioni (tanto quello che si è mangiato non evapora) e coccoliamoci nel tondo è bello finchè dura. In fondo un lato postivo ci sarà ... in effetti, si rotola meglio ;-)


giovedì 22 dicembre 2016

LA STANCHEZZA NEL CORPO

Ci sono periodi in cui si tende a ricercare la leggerezza di attività che richiedono poca concentrazione: sono i periodi in cui si ha voglia di fare poco o niente in quanto ci si sente demotivati e scarichi.
L'immobilità di questi periodi può apparire come un blocco e creare tensione e preoccupazione in noi. Accogliere la staticità ci porta a fare i conti con la nostra mancanza di energie e non ci piace affatto.
Assuefatti all'idea che la produttività sia vita, il riposo forzato a cui ci costringe il corpo ci appare quasi sempre come una perdita di tempo prezioso.
Ho imparato con il tempo a riconoscere questi periodi e a farne tesoro. 
Quando affrontiamo periodi faticosi, di scelta e di dolore, richiediamo al nostro corpo moltissima energia e quando ne usciamo ci troviamo inevitabilmente a fare i conti con la stanchezza e la spossatezza che ne derivano. 
Il corpo, saggiamente, ci rimanda la necessità del riposo per potersi ricaricare e poter allo stesso tempo interiorizzare le esperienze fatte.
Quando focalizziamo le nostre energie all'esterno, il lavoro interiore è ridotto; al contrario, quando il nostro corpo ci induce al riposo, il lavoro interiore è intenso. Il cambio di rotta, esterno/interno, solitamemnte genera una grande confusione profondamente terapeutica. Se noi sapessimo chiaramente cosa fare e dove andare, molto probabilmente, trascureremmo i segnali del corpo e continueremmo a dirigere l'attenzione all'esterno evitando l'elaborazione dei passaggi fatti.
La confusione e il senso di smarrimento ci portano invece a stare fermi per favorire il passaggio di interiorizzazione. All'inizio le nostre resistenze al processo saranno intense e si manifesteranno come disagio fisico: mal di schiena, rigidità, tensione, mal di testa, difficoltà di digestione ...
Con la nostra resa, il corpo si rilasserà nel dolce far niente. 
Pazienza e accettazione porteranno con sè chiarezza e forza per prepararci ad affrontare una nuova avventura.




lunedì 19 dicembre 2016

LA DANZA DELLA NEVE

Durante l'inverno siamo più statici e il freddo esterno porta maggior tensione e rigidità nel corpo. 
I mal di schiena, le lombalgie e le cervicalgie tornano a farsi sentire e l'immobilità ne acuisce l'impatto. 
Osservando la neve, la sua leggerezza e le sue mutevoli forme non ho potuto fare a meno di pensare quanto fosse speciale la danza dei bianchi fiocchi nel cielo.
Proprio da questa osservazione è nata l'idea di proporvi la danza della neve. 
Potete accompagnare i movimenti con la musica che più vi piace o semplicemente con il silenzio. Quando la colonna sonora è pronta, fate tre profondi respiri, rilassate il corpo, prestando particolare attenzione alle tensioni che vi rimanda e lasciatevi andare alla danza. Rigidità e contratture manifestano un blocco energetico: il movimento è il modo migliore per scioglierlo; focalizzate, dunque, l'attenzione sul disagio e danzateci dentro!
Leggerezza e flessibilità vi siano compagne, fiocchi di neve in movimento!



mercoledì 14 dicembre 2016

IL FREDDO NATALIZIO

In questi giorni fa particolarmente freddo. Dalle mie parti a far compagnia al freddo c'è la nebbia, ragion per cui le persone escono di casa coperte di tutto punto con giacconi pesanti, cappellini di lana, sciarpe e guanti. Una tale zavorra fa da contrasto alle corse e alla fretta che caratterizzano i giorni prenatalizi.
L' inverno ormai alle porte è un invito all'introspezione e ad una vita più ritirata e tranquilla, ma, come sempre più spesso accade, le esigenze fisiologiche del nostro corpo vengono ignorate a favore delle innumerevoli incombenze che il Natale consumistico porta con sè.
E così, l'orda dei "frenetici pinguini" imbaccuccati sciama da un negozio all'altro riempiendo vie e locali, come fosse telecomandata da un imperativo superego teso a rinnovare, momento dopo momento, l'immagine del Natale con tanto di alberi addobbati, presepi, regali, pranzi e i famigerati ritrovi familiari.
Non ci si vede nè ci si sente per mesi, ma a Natale è d'obbligo unire l'accozzaglia del parentado indossando il sorriso e calibrando le solite frasi di circostanza alla bisogna : "Come ti trovo bene! Non sei invecchiato affatto! Che splendido vestito! Che magnifico regalo! ...".
E il freddo oltre che fuori dalla finestra, lo ritroviamo nei cuori dei partecipanti alla grande sagra "A Natale puoi ... essere come non sei stato mai!". 
Nel corso dell'anno facciamo il possibile per svicolare dal parente invadente, da quello curioso, da quello giudicante, mantenendo la nostra integrità, e poi a Natale scivoliamo brutalmente sulla buccia di banana dell'educazione conformandoci ai "si deve e non si deve fare" e soccombendo alle maschere, ai non detti, ai sorrisi forzati e al respiro corto. ("In fondo è solo un giorno, ce la posso fare !"- Certo che sì, se dimentichiamo il prepartita delle 3 settimane precedenti con le sue corse e la sua frenesia e il recupero post partita!).
E così da "pinguini imbaccuccati" ci trasformiamo in "pinguini congelati". Le nostre ossa scricchiolano, le cervicalgie e le lombosciatalgie imperano e fanno da corollario a nausee, mal di stomaco e cefalee.
Poi siamo bravi a raccontarcela e giustifichiamo immediatamente i malesseri con le frasi "post circostanza": "Stare seduti tante ore a tavola è faticoso, ho mangiato troppo,  forse ho esagerato con lo spumante ...".
Il coraggio di ascoltarsi a Natale è latitante: è scappato dagli Elfi al Polo Nord a farsi due risate osservando da lontano il teatrino dell'umano natalizio due punto zero sedici. 
Babbo Natale ha un bel da fare a dispensar libri sotto l'albero in ogni casa. Gli Elfi propongono per il prossimo anno di allegare le istruzioni per l'uso. Chissà. ;-)




sabato 10 dicembre 2016

AGGRESSIVITA'

Estratto da "La voce del corpo di Lowen ":

L'aggressività, nell'adulto, è direttamente connessa con la funzione delle gambe poichè ci fanno muovere verso le cose che desideriamo. Se la motilità delle gambe di una persona è diminuita, la sua aggressività è ridotta. Potrà compensare questa mancanza con una iperaggressività nella parte superiore del corpo: incapace di muoversi efficacemente, userà la voce (gridando o urlando) per ottenere ciò che vuole. Questo comportamento, regressivo fino a un livello infantile, può ingannare solo le persone incapaci di distinguere la pseudoaggressività, che è compensatoria, dalla vera aggressività. La differenza consiste nel fatto che l'aggressività naturale scorre in modo armonioso e facilmente, mentre le azioni pseudoaggressive sono rigide e forzate.



Come sempre Lowen offre interessanti spunti di riflessione. Se ci guardiamo intorno con attenzione, possiamo notare facilmente quanto l'attitudine a muovere la parte superiore del corpo e la lingua in particolare (!) sia diffusa. 
Quando l'aggressività è vissuta in modo naturale, essa scorre, si attenua e si scioglie attraverso il movimento del corpo 
L'aggressività trattenuta o rifiutata si trasforma, al contrario, in blocco e rigidità scatenando comportamenti compensatori tesi a mitigare il disagio (qualche urlo, una presa di posizione particolarmente ostinata ...). 
Lowen ci ricorda che le gambe ci fanno muovere verso le cose che desideriamo (personalmente preferisco scrivere che le gambe ci permettono di muoverci nella direzione che sentiamo appartenerci) : se sono bloccate e picchettate non solo l'aggressività sarà ridotta, ma tutta la nostra esistenza ne subirà gli effetti.
L'osservazione e l'ascolto del corpo risultano, una volta ancora, strumenti importanti per conoscersi e crescere.

mercoledì 7 dicembre 2016

VOLONTA' DI VIVERE E VOGLIA DI MORIRE


"Più una persona è viva e più sentirà. E se i sentimenti che prova sono di profonda, intollerabile disperazione o di intenso, insopportabile dolore, farà il possibile per evitare di entrare in contatto con essi, ovverò non respirerà profondamente in modo da non sentire troppo.
...
Una forte volontà di vivere implica una forte voglia di morire, altrimenti come spiegare una volontà così forte? Diventa chiaro (..) perchè una forte volontà di vivere sia una resistenza. La persona ha paura ad abbandonare la propria volontà perchè si oppone alla voglia di morire.
...
Le persone nelle quali la volontà di vivere è forte si possono dire sopravvissute. Sono caratterizzate da notevoli rigidità, da una mandibola rigida e ostinata, spesso feroce, o da entrambe le cose. Possono sopravvivere, ma non trovare appagamento poichè la loro energia è totalmente impegnata a sopravvivere. In effetti rimangono al livello del dolore e della disperazione  che caratterizzano il trauma originario e le condussero alla voglia di morire. In altre parole la voglia di morire è costantemente rinforzata dalla mancanza di appagamento personale (amore) dovuta alla preoccupazione di sopravvivere. Questo significa che un paziente deve arrendersi alla sua volontà di vivere in modo da sperimentare la sua voglia di morire, attraversarla  ed entrare in contatto con la sua forza vitale, il suo vero nucleo: l'impulso a respirare."



Ieri sera, dopo aver letto queste riflessioni di Lowen, è riemerso in me un ricordo. A quattordici anni vissi una profonda e dolorosa crisi esistenziale. All'epoca mi ero convinta che se mi fossi concentrata troppo sul respiro ne sarei morta e avrei smesso di respirare: questo accadeva in particolar modo quando stavo per addormentarmi. La stranezza del mio comportamento risiedeva nel fatto che nutrivo l'intima convinzione che il respiro fosse una porta importante per me e ne ero allo stesso tempo attratta e terrorizzata. Fu un periodo di blocco e di grande dolore, che si sciolse gradatamente quando mi avvicinai alla pratica meditativa e sperimentai la bellezza del perdersi nel respiro. Questa apertura mi donò gli strumenti per entrare sempre più in contatto con il trauma che vincolava la mia forza vitale e attraversarlo. Proprio in questi mesi ne sono venuta a capo, dopo più di 30 anni di percorso durante i quali la volontà di vivere mi ha sostenuto e donato l'energia per la sopravvivenza e un intenso lavoro di ricerca interiore. Sono stati anni impegnativi che hanno visto la mia ricerca dispiegarsi giorno dopo giorno. Ad avermi aiutato è stato senz'altro il coraggio di non arrendermi, la pazienza, la perseveranza, l'alta soglia di sopportazione del dolore e la fede. Un'incrollabile e persistente fiducia sul fatto che ogni singolo evento avesse un significato. Le facoltà paranormali mi sono state di grande aiuto nei momenti più bui e dolorosi e mi hanno sermpre permesso di raggiungere una visione oggettiva lasciando spazio al cuore e salvandomi dal labirinto mentale.  
Oggi so quanto sia importante l'esperienza personale alla comprensione e non posso che provare gratitudine per la ricchezza di situazioni che ha caratterizzato la mia vita e l'ha resa utile.
La scrittura è il mio modo di costruire ponti verso la consapevolezza e la comprensione perchè tornare a respirare per aprirsi alla vita è sempre possibile e, soprattutto, non è mai troppo tardi per farlo.

 www.ildiamantearcobaleno.com

#Lowen #meditazione #respiro 

venerdì 2 dicembre 2016

SONO CAPACE DI DIRE "NO"?

Lowen nel suo libro "La voce del corpo" scrive: 

Qualcuno mi ha chiesto: "Che dire delle persone che dicono "no" e non sono capaci di dire "sì"? Non si dovrebbe poter anche dire di sì?"  Io ritengo che una persona non possa assentire davvero se non è capace di dire "no".  Mancando tale capacità, un assenso è solo una forma di sottomissione e non l'espressione di un individuo che ha libertà di scelta. La persona che non è capace di dire "sì" ha paura di impegnarsi perchè è insicura della propria mente; conoscere la propria mente vuol dire tenere da conto il proprio "no". 
"No" è un'espressione di opposizione che costituisce la pietra miliare  dell'individualità. Il bambino che si oppone ai genitori sta dicendo "Io sono io, sono diverso, ho la mia testa". Un tale bambino imparerà a pensare per sè, mentre quello "bravo" e obbediente sacrifica la propria individualità e perde la capacità di pensare per sè."



Bel cambio di prospettiva quello di Lowen, se guardiamo alla nostra situazione presente e riflettiamo sulla nostra capacità di esprimere il sentire. 
Aggiungerei a queste parole l'osservazione del corpo.  
Ci siamo mai osservati quando dobbiamo esprimere un "sì" o un "no"? 
Quante volte possiamo riscontrare incoerenza tra sentimento, pensiero e parole?
L'incoerenza del picchetto mascherato che per velare il sentire lo congela assumendo un'espressione di circostanza. Vedo già il fuoco bruciare all'interno del picchetto, le mani stringersi a pugno, i muscoli tendersi nello sforzo richiesto dal controllo e il sorriso plastico stampato in viso.
Gente strana noi umani: parliamo tanto per non sentire e sentiamo poco per non vedere.

lunedì 28 novembre 2016

E TU CHIAMALE, SE VUOI, EMOZIONI ...

Lowen nel suo libro "La voce del corpo" scrive: 

"La parola emozione è composta dal prefisso "e" e dalla radice "mozione". Emozione significa muoversi verso l'esterno: un disturbo emotivo consiste nell'incapacità di muoversi verso le persone e il mondo. Per definizione si può dire che i conflitti emotivi distorcono o limitano la motilità del corpo e impediscono il movimento verso l'esterno. Analogamente, ogni disturbo che limita la capacità di un organismo di muoversi verso l'esterno denota un conflitto emotivo, perciò è possibile determinare i conflitti emotivi in una persona in base al modo in cui si muove."

Questa riflessione definisce chiaramente l'intuizione che ha diretto la stesura de "IL RITMO DEL CORPO" (IL RITMO DEL CORPO). Il libro si propone, infatti,  l'intento di svelare i conflitti emotivi insiti in determinate posture e movimenti del corpo attraverso la pratica di 5 esercizi molto semplici ed accessibili, ispirati al qi gong daoyin. 
Lowen diversifica la qualità del movimento in spontaneità e controllo. La spontaneità è una funzione dell'espressione di sè che specchia con naturalezza le emozioni interiori. Il controllo rappresenta la limitazione dell'Io alla spontaneità per rendere l'azione più efficace: la motilità spontanea viene incanalata e integrata. Un sano controllo dell'Io non diminuisce la spontaneità, ma favorisce la coordinazione ed evidenzia l'integrazione tra sentire e movimento del corpo. 
Lowen definisce il disturbo emotivo come una perdita di spontaneità  o una mancanza di controllo da parte dell'Io o entrambe le cose. Possiamo, osservando le persone, riconoscere questa distinzione.
Quando la rigidità e la tensione dirigono i movimenti, i freni dell'Io sono troppo severi.
Quando l'impulsività e la reazione determinano l'agire, il controllo dell'Io è troppo debole.
Entrambe le caratteristiche del movimento specchiano dinamiche interiori precise e segnalano un disagio. Ambedue le possibilità non lasciano spazio alla spontaneità.
Se partiamo da questi presupposti, è semplice comprendere l'imperare di immagini di noi stessi a celare paure e debolezze irrisolte.
Assistiamo continuamente a grandi messe in scena di attori protagonisti e ad atti inconsulti di chi si è perso per strada il controllo dell'Io.
Il dono della sintesi è sempre più raro e prezioso. Un dono che ognuno di noi dovrebbe riscoprire per rispetto ed amore verso se stesso.

Donatella







mercoledì 23 novembre 2016

LA LEGGEREZZA DEL LASCIAR ANDARE

Spesso ci si trova ad affrontare periodi veramente faticosi, in cui ci si trascina dietro agli eventi boccheggiando, con la convinzione che non sia possibile fare diversamente. 
Il corpo ci rimanda stanchezza, tensione e rigidità. Poco per volta, si fa l'abitudine ai piccoli acciacchi quotidiani (cervicalgia, mal di testa, schiena dolente, affaticamento...) e ci si dimentica cosa significhi "essere in forma". 
La normalità si trasforma in sopravvivenza e ogni mattina ci si alza dal letto sempre più frustrati, nervosi e demotivati. 
Una situazione di questo tipo induce un adattamento fisiologico così impegnativo da lasciarci senza energie e il protrarla nel tempo non fa che creare una sorta di schiavitù passiva agli eventi.
Il nostro umore si fa sempre più cupo e fa la sua comparsa un'elevata dose di aggressività (tesa a sfogare la rabbia provata) che gradatamente inquina tutte le nostre relazioni con il mondo esterno.
Ci troviamo così confinati, e molto arrabbiati, nel buco nero dell'impotenza generato dall'assenza di energie psico-fisiche.
Rimedi pratici: 
1) quando il riposo non elimina la stanchezza o non si riesce a dormire con continuità, occorre fare una pausa e domandarsi le motivazioni: d'altra parte se si dorme a fatica o male è perchè si pensa troppo  ( a cosa?) e non sarà difficile individuare la causa del nostro disagio.
2) quando il corpo passa da un malessere ad un altro è un segnale importante: ignorare il nostro stato non farà che peggiorarlo. Istintivamente si tende a mantenersi iperimpegnati per evitare di fare i conti con se stessi: questa strategia non fa che dilazionare il momento in cui dovremo per forza farli, i conti con noi stessi, con la differenza che a quel punto saremo scarichi di energia. Una pausa di riflessione è quanto mai fondamentale.
3) Questo punto lo dedico ai brontolii che sento emergere dalla lettura dei primi due: "Eh sì, facile a dirsi, ma non a farsi! Non comprendi la mia situazione! Sono senza via d'uscita! Non è possibile fare altrimenti!". Nota dolente o importante (dipende dai punti di vista): "Vi è sempre una possibilità di scelta.". Che non ci piaccia e che non vogliamo vederla è un altro paio di maniche. Che sia una scelta che ci costi un grande sacrificio e spesso sia molto dolorosa, è altrettanto innegabile. Se partiamo dal presupposto che ci siamo ridotti ad essere schiavi di una situazione, il recuperare la libertà e il rispetto per noi stessi avrà per forza di cose un suo prezzo. Questo prezzo sarà tanto più alto quanto più saranno tenaci le nostre resistenze. E quali sono le resistenze che ci troveremo ad affrontare?  Le paure e le debolezze che ci caratterizzano ed i nostri attaccamenti. 
Il lasciar andare una situazione ci pone di fronte alle nostre insicurezze, alla paura di non farcela, ai nostri sensi di colpa, ai tanti compromessi accettati e alla valutazione del prezzo che ci è stato richiesto per ottenerli. Impresa ardua e di grande onestà interiore. Passaggio di crescita importante.

Immaginate di essere caduti dalla barca in un mare in burrasca: dalla barca vi tirano una fune e voi vi aggrappate ad essa con tutte le vostre forze. Le onde vi travolgono e il tenervi alla fune è di momento in momento più faticoso. Nella vostra mente scenari apocalittici di annegamento e di squali voraci pronti a divorarvi prendono forma terrorizzandovi e rendendo la vostra presa sempre più tenace. Allo stremo delle forze fisiche e a malincuore vi lasciate andare al vostro infame destino. 
Il vostro corpo  si rilassa e di colpo il mare in burrasca si calma permettendovi di galleggiare sulla superficie recuperando le forze. 
Sapete esattamente come siete entrati nel mare in tempesta, ma scoprirete poco per volta chi siete veramente dopo esserne usciti.


 W. Turner, Shipwreck of the Minotaurus, 1793


venerdì 18 novembre 2016

lunedì 14 novembre 2016

L'OSSERVAZIONE SILENZIOSA

Avete mai notato i cambiamenti del vostro corpo di fronte alle situazioni? 
La sua tensione, la sua rigidità, il suo rilassamento o la sua stanchezza?
Avete mai notato quanto sia semplice per il corpo specchiare i nostri stati d'animo in modo diretto?
Possiamo convincerci di non provare nulla, di essere totalmente indifferenti alle situazioni, ma se ci permettiamo un'osservazione silenziosa del nostro corpo e ci apriamo al suo ascolto, constateremo che un'assenza di qualsivoglia emozione è quasi impossibile a verificarsi.
Possiamo provare emozioni che ci fanno stare bene e non ci facciamo caso, o emozioni che ci destabilizzano (come la rabbia ad esempio) e manifestare comportamenti reattivi volti a scaricarle senza neanche accorgercene.
L'osservazione silenziosa crea lo spazio-tempo necessario alla consapevolezza. Consapevolezza indispensabile a vivere il momento, smettendo di sopravvivere in modo scontato.
Lo stare bene non è scontato, così come non lo è lo stare male. Entrambi gli stati sono determinati da ciò che proviamo, cioè dalle nostre emozioni.  
Imparare ad assaporare il benessere apre le porte alla gioia, così come imparare a riconoscere le emozioni che ci turbano ci dona la possibilità di non farcene travolgere insegnandoci ad agire piuttosto che a reagire.
In un mondo di corsa non è impresa facile trovare lo spazio-tempo per l'osservazione e l'ascolto di se stessi.
Concludo questo blog con una domanda personale a cui ognuno può darsi risposta:
"Quali sono le priorità della mia vita? Che posto occupa il mio benessere nella scaletta delle mie priorità?"
Serena giornata nella consapevolezza.







mercoledì 9 novembre 2016

IL FUOCO NELLA GOLA

Una canzone di Nada - SENZA UN PERCHE' -, tornata di gran moda con la serie "The young Pope" di Sorrentino, recita:

"Lei non parla mai,
lei non dice mai niente,
ha bisogno d'affetto 
e pensa che il mondo non sia solo questo 
non c'è niente di meglio che stare ferma dentro uno specchio
com'è giusto che sia 
quando la sua testa va giù ..."

Inutile dire che mi piace un sacco. Inutile dire che mi ci ritrovo. La sindrome del silenzio ad oltranza per non ferire l'altro, del non detto per non voler vedere la realtà, del taciuto per il quieto vivere e  non perdere quell'affetto così strenuamente ricercato, del rimettersi in discussione sempre per comprendere le proprie debolezze senza tener conto di quelle altrui, hanno caratterizzato la mia vita per anni. Inutile dire, che nei periodi più faticosi da questo punto di vista, diventavo quasi afona quando avrei voluto urlare e il fuoco del non detto mi infiammava la gola. Quando ho smesso di fare l'imprenditrice la voce mi è tornata, ma c'è voluto tempo a maturare il coraggio di parlare, invece di subire in silenzio, soprattutto nell'ambito in cui sono più vulnerabile, quello affettivo. Ho sempre cercato una comprensione più profonda delle situazioni e spesso mi sono accontentata di raccontarmela soave attraverso falsi ideali di sacrificio e di accettazione, per riuscire a gestire il dolore. Questo fino a quando la vita mi ha sparato in faccia senza mezzi termini il mio dolore, troppo spesso adombrato dalla percezione del dolore altrui. Come dice la canzone, in quelle occasioni, la mia testa è andata giù e mi ha obbligata a stare ferma di fronte ad uno specchio ed osservare con compassione e immensa tristezza tutto quel dolore. E sprofondando nel mio dolore ho compreso che avevo ancora molti passi da fare in direzione di me stessa e dell'accettazione della mia totalità. La mia vita si colora spesso di eventi impegnativi, affinchè non dimentichi mai questo prezioso insegnamento. Ora non mi viene più il mal di gola, ma ogni volta scopro un nuovo disagio fisico, sempre più lieve, ma per questo non meno significativo. Ho imparato ad ascoltare il corpo ed esso non ha più bisogno di urlare a squarciagola il suo disagio. Camminando insieme si impara.




sabato 5 novembre 2016

IL GIUDIZIO NEL CORPO

Oggi propongo un post alternativo, di riflessione sul giudizio. Il giudizio è di natura mentale. La mente è strumento di discernimento ed è grazie ad esso che l'uomo attua la sua libertà di scelta.
Scelta consapevole quando la mente è al servizio del cuore. Scelta inconsapevole quando la mente  si muove in modo indipendente  e non sottosta alla funzione unificante del cuore.
Il giudizio  divide inevitabilmente la nostra percezione della realtà essendo diretto dalla mente che solo attraverso la separazione degli opposti può operare una scelta.
Proviamo a visualizzare questo giudizio come un blocco nello stomaco: d'altra parte ritengo sia capitato a tutti di percepire un peso sullo stomaco quando ci si trova a digerire una situazione "faticosa" perchè giudicata "sbagliata" dal filtro dei nostri schemi mentali.  E pensiamo a questo blocco proprio come al filtro della mente che divide e separa l'informazione che arriva in due canali emotivi opposti e contrastanti (giusto e sbagliato ad esempio). Se ci troviamo in una situazione  in cui riteniamo "giusto" esserci, ma che allo stesso tempo giudichiamo "sbagliata", vivremo, infatti, un forte disagio. 
Osserviamo allora il procedere di questa informazione proprio come se si trattasse di un bolo alimentare: la ingoiamo e nello stomaco non la digeriamo e la sezioniamo in due parti contrastanti dove quella sinistra del sentire si oppone a quella destra dell'agire: questa separazione avviene nel nostro intestino, creando un nuovo blocco e impedendoci di lasciare andare l'informazione, espellendola. Ci sentiremo gravati da un enorme peso sullo stomaco e travolti da emozioni contrastanti: risultato, un gran bel malessere.
Facciamo intervenire sulla situazione una nuova energia, quella del cuore, che illumina il blocco e lo scioglie. Possiamo fare una semplice meditazione per rendere questo passaggio più concreto: visualizziamo il blocco come una roccia, una zolla di terra o come la nostra fantasia ci rimanda. Più rimaniamo focalizzati sul blocco più ci estranieremo dal flusso dei pensieri e potremo percepire un aumento della salivazione. Deglutiamo allora questa saliva, l'energia del cuore, in piccole parti e permettiamo ad essa di scavare dei piccoli rivoli all'interno del nostro blocco, per trasformarlo. Magari non riusciremo a scioglierlo completamente, ma con il tempo potremo rendere il nostro giudizio sempre meno impattante. Se continuate ad osservare la saliva che scende, noterete che non si divide più e l'azione unificatrice del cuore avrà attuato la sintesi necessaria affinchè l'informazione attraversi l'intestino fino a sfociare negli organi deputati allo smaltimento delle scorie. A  quel punto sarà possibile lasciar andare le feci ed insieme ad esse la situazione.
Avete mai notato che quando ci carichiamo di "tossine" (viviamo male situazioni, siamo stravolti dalle emozioni...) al peso sullo stomaco è spesso collegato il blocco intestinale o la scarica di feci non elaborate? 
D'ora innanzi, provate ad utilizzare questa visualizzazione quando realizzate di essere nel giudizio. Staccate la spina mentale concentrandovi sul percorso dell'informazione e manifestate il vostro intento consapevole volto a scardinare gli schemi abituali del giudizio deglutendo la saliva a piccoli sorsi.
Buon lavoro e fatemi sapere come funziona!






mercoledì 2 novembre 2016

LA RICERCA DELL'EQUILIBRIO NEL CORPO

In questo periodo storico confusione e instabilità sembrano predominare. Per questo motivo, è molto difficile e faticoso mantenere il distacco necessario a non farsi travolgere dalle emozioni. Si è circondati da persone molto reattive  a causa della situazione e del mare di notizie tese a focalizzare l'attenzione su un presente "senza apparente via d'uscita". La rabbia è quasi tangibile e l'individualismo egoico sembra essere la dimensione più consona a difendersi da un mondo all'apparenza sempre più pericoloso. La nostra energia è per la maggior parte del tempo diretta all'esterno a scrutare l'orizzonte ed il corpo, che specchia il nostro atteggiamento difensivo, si fa barriera, rigida e contratta. La barriera conclamata delle nostre resistenze al dispiegarsi della vita, la barriera della paura. 
Se ci permettessimo un ascolto del corpo scevro da questa paura (il che richiede un bel po' di lavoro consapevole), ci accorgeremmo che stiamo in piedi per forza d'inerzia: ci siamo trasformati in blocchi di cemento a presa rapida, inscalfibili e inamovibili. Questo non significa che ci sentiamo bene, ma sicuramente "pensiamo" di aver sotto controllo la situazione. E più la vita ci spinge verso il cambiamento, più aggiungiamo colate di cemento fresco a tutela della nostra posizione, dicendoci per rassicurazione: "Visto che stabilità? Non mi tocca nulla, sono centrato". E questa convinzione perdura fino al terremoto (un evento molto più vicino e traumatico) che i blocchi di cemento li fa a pezzi.
E siccome nulla capita per caso, prendiamo la palla al balzo e permettiamoci di percepire il nostro povero corpo a pezzi. In realtà, il nostro corpo era a pezzi anche quando si trovava imbalsamato nel cemento, ma a differenza di prima, ora si muove ;-) e questa non è cosa da sottovalutare. Il movimento, infatti, è un grande aiuto nello sciogliere i blocchi interiori (quelli di cemento hanno già dato) che emergono evidenti a farci sentire così disastrati. Ma di questo passaggio, ne parleremo un'altra volta.
Seguitemi invece nell'ascolto del corpo nel suo insieme, partendo dai piedi: si vacilla? Forse un pochetto. Tutta quella gran centratura non c'è. Bene, allora  poggiate i piedi ALLINEATI TRA LORO per terra e trovate un appoggio che non vi faccia vacillare. Si inizia proprio così a costruire l'equilibrio, dalle radici.



martedì 1 novembre 2016

OSSERVANDO LA VITA

Osservando la vita,
ascolto il mio corpo,
 fedele specchio di emozioni e turbamenti.
La sua tensione
mi rimanda alla rigidità che manifesto
e la sua stanchezza
al senso di impotenza che mi invade.
Il silenzio ferma l'agire
e porta l'attenzione all'interno
ad illuminare la tendenza al controllo.
L'illusione mi sta giocando un brutto tiro.
Sorrido di me stessa,
respiro profondamente
e accolgo la mia debolezza.
La quotidianità è stramba, a volte,
ci mette alla prova
dove più siamo carenti...
nell'accettazione.












mercoledì 26 ottobre 2016

IL SENSO DI COLPA


"Il senso di colpa è un'emozione concettuale. Rappresenta l'imposizione di un giudizio morale su una funzione o processi corporei, che va oltre il controllo dell'Io o mente conscia. Per capire questa idea va fatta una distinzione tra colpa come giudizio legale e colpa come giudizio morale. La prima ha a a che vedere con un'azione o un comportamento che contravviene a una legge stabilita, la seconda dà origine a un'emozione che spesso non ha alcuna relazione con la propria azione o comportamento. Una persona che trasgredisce la legge è colpevole di un crimine, che si senta in colpa o meno. un bambino che prova ostilità contro i genitori può sentirsi in colpa pur non  avendo commesso alcun atto distruttivo. Il senso di colpa non è un giudizio su un comportamento, ma su delle emozioni.
I desideri sessuali sono una fonte comune di sensi di colpa. Ma un desiderio sessuale è una risposta corporea naturale a uno stato di eccitazione che è di norma oltre il controllo dell'Io o della mente. Ha origine dalle funzioni del corpo collegate al piacere. Sopprimere un desiderio sessuale vuol dire deprimere ogni funzione piacevole del corpo. D'altra parte, accettare le proprie sensazioni sessuali non significa che uno abbia il diritto di agire in base a esse in ogni situazione. Un Io o una personalità sani hanno il potere di controllare il comportarmento in modo che sia adeguato alla situazione; la mancanza di questo potere in un Io debole o una personalità malata possono portare ad azioni distruttive per l'individuo e per l'ordine sociale. La società ha il diritto e l'obbligo di proteggere i propri membri contro tali comportamenti, ma non quello di etichettare come sbagliata l'emozione in sè."

Lowen prosegue scrivendo:"Un senso di colpa denota che una parte della personalità, l'Io, si è rivoltata contro un'altra parte, le sensazioni del corpo." 
Il senso di colpa mina l'integrità della personalità, indebolendo il potere dell'Io di controllare il comportamento. E quante volte ci troviamo ad agire diretti dal senso di colpa? 
Come possiamo lavorare sul senso di colpa? Il corpo è un potente alleato in questo senso. 
Quando ci sentiamo in colpa, manifestiamo comportamenti che vissuti nel corpo ci portano a percepire rigidità, pesantezza, blocco a segnalare la gravità del nostro giudizio morale. Questo blocco è paralizzante, infatti, ci irrigidisce nell'agire, ma ci fa stare altrettanto male di fronte alla mancata azione o ad un'azione al di là degli schemi. Fintanto che non diveniamo consapevoli di questo giudizio morale e dell'emozione o sensazione che lo sostiene, manterremo questa situazione di blocco, negandoci la possibilità di provare piacere (i famosi "Ghiaccioli": reprimo tutto e via).
La consapevolezza svela la radice del problema e ci porta ad accogliere il sentire con un'altra emozione altrettanto vera, quella del rincrescimento e dispiacere. Non posso negare il sentire, ma posso accoglierlo senza giudicarlo e lasciare che la tristezza sciolga il mio dolore, con le lacrime magari. In questo passaggio, l'ascoltare il corpo ci porterà a realizzare il dolore provato in tutta la sua dirompenza: ci sentiremo a pezzi per aver represso così a lungo il sentire ed essercelo portato sulla schiena per tanto tempo. Ci sentiremo schiacciati, dolenti e di primo acchito potremo pensare che forse sarebbe stato meglio far finta di niente ancora una volta. In realtà non è mai così, in quanto questo disagio rappresenta il passaggio necessario a ritrovare la leggerezza e con un po' di riposo scivolerà via lasciandoci in eredità una maggiore chiarezza e la libertà di scegliere l'agire ascoltandoci.

martedì 18 ottobre 2016

QUANDO SI PENSA TROPPO ... LA LEGGE DELL'ELASTICO IMPERA

Estratto da "LA VOCE DEL CORPO" di Lowen:

"... lo stress deriva da una situazione che richiede all'organismo un dispendio di energia. Se l'organismo ha sufficiente energia per far fronte alla richiesta non c'è problema. Il guaio sorge quando la richiesta è eccessiva: in questo caso la risposta normale e salutare è ritirarsi dalla situazione. Tutti gli animali seguono questo modello di comportamento, regolato dal principio piacere-dolore. Noi troviamo piacevole vivere quando abbiamo sufficiente energia per rispondere alle richieste della vita, mentre quando sono eccessive o l'energia è insufficiente lo stress si trasforma in angoscia, che è dolorosa. Il principio di piacere-dolore dice che tutti gli organismi cercano il piacere e si sforzano di evitare il dolore.
Gli esseri umani sono governati anche da un altro principio, chiamato "principio di realtà", secondo il quale una persona rinuncerà al piacere e sopporterà il dolore se crede che tale comportamento porterà a un piacere maggiore o a evitare un dolore più grande in futuro: è a causa di questo principio che la gente non si sottrae sempre alle situazioni angoscianti o dolorose."


Strana gente noi esseri umani. Pensiamo troppo, agiamo al passato, viviamo nel futuro e non sentiamo più il corpo. E così facciamo a gara nella legge dell'elastico, continuando a tirarlo fino allo sfinimento al di là di ogni buon senso. E guai a mollare l'elastico o ad allentarne la tensione: ci si potrebbe rendere conto del messaggio di SOS che il nostro corpo, ormai naufrago in un mare in tempesta, potrebbe aver affidato alla bottiglia della sopravvivenza. La nostra mente gongola cullata dalle onde delle infinite giustificazioni e via che si corre. Sempre più velocemente. Sempre più stressati.
Ma cosa accade ad un elastico sempre più in tensione? Gradatamente si logora fino a rompersi, facendo improvvisamente a pezzi tutte le illusioni che hanno diretto la nostra vita.










WEBINAIR NOURITIMILANO.COM: DAL CORAGGIO DI ASCOLTARSI AL RITMO DEL CORPO


Il 6 ottobre 2016
Francesca di NouritiMilano.com (www.nouritimilano.com)
ed io abbiamo fatto una piacevolissima chiacchierata: 
ho condiviso con lei la mia esperienza 
di percorso consapevole,
prendendo spunto dai libri che la raccontano.

Di seguito allego il link di youtube 
per chi avesse voglia di ascoltarla:






mercoledì 12 ottobre 2016

DOLORE E PIACERE


"Sia il dolore che il piacere sono risposte naturali del corpo al suo ambiente: quando la relazione dell'organismo è armoniosa e positiva, il tono delle sensazioni è piacevole, mentre ogni minaccia o disturbo di tale armonia è doloroso. In natura non esiste uno stato neutro o una condizione naturale nell'organismo che corrisponda all'assenza di piacere e  dolore. Da questo punto di vista, l'assenza di sensazioni o la sensazione di vuoto sono patologiche. Una tale condizione, che pure affligge così tante persone, indica che hanno represso le loro emozioni. Sono diventate rigide, sopprimendo così ogni movimento e sensazione.
Si può affermare che la rigidità, ovvero la tensione muscolare cronica, è mirata a sopprimere le sensazioni dolorose. Ovviamente nessuno desidera sopprimere le sensazioni piacevoli. Quando, nel corso di una terapia bioenergetica, queste tensioni vengono sciolte, ci si può aspettare che ricordi  ed effetti dolorosi emergano alla coscienza. L'abilità del paziente di accettare e tollerare tali penose emozioni determinerà la sua capacità di esperire quelle piacevoli. A questa persona, si può applicare il detto: "Non c'è piacere senza pena".


Lowen in questo breve estratto ha spiegato con chiarezza il funzionamento del corpo di fronte al dolore: si irrigidisce per sopprimere le sensazioni dolorose. La bioenergetica è un'ottima via per intervenire sulle tensioni del corpo, così come lo è qualsiasi tipo di movimento eseguito con consapevolezza (dalla semplice camminata al qi gong, dalla danza allo yoga). Per percepire le rigidità del corpo (cervicalgie, lombalgie, sciatalgie, spalle congelate, epicondiliti e infiammazioni alle articolazioni sono disagi comuni nell'uomo sempre in corsa dei nostri tempi), infatti, devo prestarvi attenzione e questo può avvenire solo attraverso un movimento consapevole. Le tensioni  sono parte di noi, così come i nostri automatismi, e non è così semplice rendersene conto. Un esempio pratico può chiarire meglio l'idea: portiamo l'attenzione alle spalle. Quasi tutti tendiamo ad averle sempre contratte pur senza esserne consapevoli. Vuoi per il lavoro, vuoi per il carico emozionale della quotidianità, le nostre spalle salgono a contrastare il carico che sentiamo gravare su di loro: il problema insorge quando le manteniamo sollevate e contratte per un tempo prolungato (circa 6 mesi), perchè a quel punto il nostro corpo baserà il suo equilibrio sulle spalle contratte e smetteremo di percepirle. Quando iniziamo a muoverle con consapevolezza per sciogliere le tensioni, ci si può aspettare che effetti e ricordi dolorosi emergano alla coscienza, come dice Lowen. A quel punto, potremo ascoltarci e trovare dentro di noi la forza e il coraggio di continuare il lavoro oppure potremo lasciare il comando alla mente che con un salvifico "Questa disciplina non fa per te. Ti rendi conto che ti fa star peggio?" ci libererà dall'ingrato compito di proseguirlo. E torneremo a fare i ghiaccioli in mezzo agli altri.
"IL RITMO DEL CORPO" è stato scritto con l'intento di proporre un movimento consapevole accessibile a tutti, per un lavoro sul corpo che aiuti a recuperare flessibilità, spontaneità e uno stato psico-fisico di benessere e apertura.

domenica 9 ottobre 2016

IL PIACERE E IL BENESSERE DEL CORPO


Il piacere è la chiave per la risposta empatica. Se non stiamo bene nel corpo perdiamo la capacità di andare incontro all'altro a quel livello preverbale che l'empatia richiede. Il piacere pertanto è alla base di ogni relazione interpersonale significativa. Quando lo ignoriamo o ne neghiamo l'importanza la relazione degenera in conflitto. Questo è vero specialmente in famiglia, dove la vicinanza e l'intimità incoraggiano molte aspetative di piacere. Una casa senza gioia è un luogo di discordia, in cui nessuno sembra capace di capire o di provare simpatia per le difficoltà e le sofferenze di altri."


Importanti queste parole di Lowen per riflettere più approfonditamente su noi stessi. "Se non stiamo bene nel corpo perdiamo la capacità di andare incontro all'altro a quel livello preverbale che l'empatia richiede." Questo accade in quanto un disagio nel corpo attira tutta la nostra attenzione rendendo il nostro atteggiamento soggettivo e ponendoci al centro di una realtà che, a questo punto, diviene un semplice corollario alla nostra sofferenza e dalla quale cercheremo inconsciamente di difenderci. La nostra mente, se molto attiva, non ci offrirà spazi di rilassamento, soffocandoci con infiniti pensieri focalizzati sul dolore. A questo punto potremo scegliere consapevolmente di accogliere il dolore e lasciarci andare ad esso per evidenziare le cause interiori da cui la sofferenza trae alimento per operare una guarigione fisica strettamente correlata alla guarigione interiore. Oppure potremo semplicemente Re-agire al dolore, fuggendolo e scaricando (si fa per dire, in quanto si tratta di un'illusione)  all'esterno la tensione e la rabbia generate dalla sofferenza. Quest'ultima appare sempre come la via in discesa perchè ci sembra alleggerire il carico del dolore nell'immediato, ma non fa che dilazionare il momento in cui dovremo fare i conti con noi stessi a fronte alla resa del corpo ad un processo di disfacimento.

giovedì 6 ottobre 2016

NUOVA RECENSIONE DE "IL RITMO DEL CORPO"


Splendida recensione de "La Gazzetta" al "RITMO DEL CORPO"
Grazie di cuore alla giornalista Claudia Carra.





lunedì 3 ottobre 2016

WEBINAIR GRATUITO : DAL CORAGGIO DI ASCOLTARSI AL RITMO DEL CORPO

GIOVEDI' 6 OTTOBRE 2016 alle ORE 21,00
in collaborazione con NouritiMilano.com 
Centro Olistico Online

Cliccare sul link per iscriversi:




Un viaggio interiore fatto di scalini, di salite e di discese, di soste, di ostacoli e di completamenti, di porte da aprire e da chiudere, di dolore e di gioia, di paure e di coraggio, di disagi e di benessere.
Un viaggio meraviglioso, che pur sembrando scontato, come tutte le cose a portata di mano, non lo è mai.
Un viaggio nei pensieri e nella memoria, nei rigidi schemi della mente e del giudizio, nel variegato mondo delle emozioni, delle paure e delle debolezze, 
per imparare ad ascoltarsi, conoscersi, comprendersi ed accettarsi.
Un viaggio nel corpo, per sperimentarne le tensioni, le posture, i movimenti e gli automatismi, e maturare la consapevolezza necessaria a trasformarli.
Un viaggio nel cuore alla riscoperta di chi siamo per tornare ad amarsi con totalità e vivere ogni giorno con empatia e spontaneità, in armonia con la natura e con tutto ciò che ci circonda.
Un viaggio di esperienze individuali, di crescita e di condivisione, unico, ma allo stesso tempo parte di una rete di percorsi, dove ogni nodo è indissolubilmente collegato a tutti gli altri ed ogni elemento esiste in quanto in comunicazione con tutti gli altri.
Nel webinair vorrei condividere la mia avventura ed ascoltare le vostre, per guardare alle cose cambiando prospettiva e crescere insieme.
Da cuore a cuore.

domenica 2 ottobre 2016

DISPERAZIONE E FALSO OTTIMISMO


"La negazione della disperazione crea una situazione di stress per l'organismo, che lentamente esaurisce le proprie riserve di energia. Ciò è chiaro quando riscontriamo che la negazione si concretizza in un programma di attività apparentemente sensate, avvolte da una facciata di ottimismo. Il falso ottimismo è una difesa contro la disperazione sottostante, ne impedisce lo sfogo in pianti e lamenti. Anche l'attività non porta ad alcun risultato, poichè è inconsciamente volta a negare la disperazione. Occorrono notevole energia e forza di volontà per far sì che il corpo continui a muoversi e a funzionare a dispetto del profondo desiderio di lasciarsi andare. Quando alla fine prevale l'esaurimento, l'organismo si rassegna alla morte e lentamente abbandona la vita: si tratta di un processo inconscio, mentre a livello conscio viene fatto ogni sforzo per mantenere la facciata dell'ottimismo e tirare avanti."


Queste parole di Lowen sono molte profonde. In un periodo storico in cui l'apparire ha spesso sostituito l'essere, ci troviamo per forza di cose di fronte a corpi congelati dalla rigidità tesa a mantenere una facciata di falso ottimismo. Assistiamo alla fuga dal dolore grazie alla sua negazione. Nel volume "IL RITMO DEL CORPO" ho centrato volutamente l'attenzione sulle tensioni e le rigidità del corpo per avviare un processo di consapevolezza volto a trasformarle. Come Lowen puntualizza, ci vogliono tantissima energia e forza di volontà per muoversi inconsapevolmente: la stessa energia e forza di volontà sono richieste per sciogliere le contratture fisiche consapevolmente. 
Immaginate di aver costruito una grande barriera di ghiaccio che vi tuteli dall'esterno, ma allo stesso tempo vi allontani dalle percezioni interiori da cui volete difendervi, e di aver incollato a questa muraglia di ghiaccio una bella immagine sorridente e dinamica che vi rappresenti. Questa barriera ha il potere di rendere il corpo un blocco di ghiaccio con un bel sorriso artificiale stampato in viso. In questa situazione non si vive, ma si sopravvive. Si respira a stento (i polmoni non possono espandersi perchè rinchiusi in una gabbia), si resiste alle situazioni, si annullano i sentimenti e le emozioni. La spontaneità del corpo scompare ed è sostituita da tanti emoticon (le faccine tanto usate nel web) che la mente sceglie oculatamente a seconda della situazione. E' la via più facile, o almeno sembra, per convincerci che siamo forti e indipendenti. Come spiega magnificamente Lowen, si tratta sì di  un  percorso in discesa, ma verso l'annullamento di noi stessi.
Lavorare con consapevolezza sul corpo richiede tantissimo impegno, energia e forza di volontà, ma  l'esperienza mi ha mostrato quanto sia importante ascoltarsi, conoscersi, accettarsi per stare bene. Il corpo è in questo senso un alleato prezioso, in grado di accompagnarci con chiarezza e trasparenza  verso il centro di noi stessi.

giovedì 29 settembre 2016

UN CORPO AMMALATO


"Le malattie appartengono alla corrente della necessità mediante cui operano gli istinti: esprimono il passato dell'uomo. L'uomo è malato in quella parte di sè in cui non è libero, o s'illude di essere libero. Egli comincia a guarire in quella parte di sè che non si identifica con il passato, non subisce il passato, non è condizionato dal karma, anzi deve separarsene, se vuole esprimere la propria essenza. E' la parte di sè nella quale sorge predialetticamente il pensiero.
....
Il risveglio del pensiero alla propria natura sovrasensibile, non elimina il karma, o il passato, o gli istinti, ma rende possibile l'azione interiore indipendente da essi e tale che l'uomo lucidamente riconosca attraverso essi gli ostacoli che gli impediscono l'espressione terrestre dello Spirituale.
...
Il pensiero che ignori la propria essenza, una con l'essenza delle cose, lascia fuori di sè l'essere, il mondo, l'oggettività, la Materia: non può non dipendere da questi: tenta di conoscerli, ma non può, perchè non ha sufficiente coscienza di sè per avvertire che li ha di contro a sè già pensati, e pensati fuori dall'identità con cui comincia a pensarli."

Scaligero è geniale, ma complicato. Pensiamo alla malattia e alla parte del corpo che viene da essa interessata. Difficilmente penseremo che il nostro intero organismo sia malato, al contesto in cui si è sviluppata la malattia, al nostro vissuto degli ultimi mesi ... ma identificheremo  la malattia con la parte dolente (il braccio, la gamba, la testa ...). Con questo pensiero la nostra percezione avrà ignorato l'essenza dissociandosi da essa e creando una situazione di dipendenza dalla malattia stessa. Cercheremo cure e rimedi al disagio focalizzati sulla parte e supportati dalla medicina occidentale che ha reso i nostri corpi un insieme di pezzi da aggiustare (reparto ortopedia, neurologia, cardiologia ...) con l'illusione che la guarigione possa derivare da un'azione mirata a risolvere la malattia. Non approfondiremo l'origine del disagio ascoltando la nostra totalità e re-agiremo ai sintomi cercando di eliminarli. In tutto questo procedimento agiremo condizionati dagli istinti e dal nostro passato, pensando di essere liberi. Liberi di stare bene. Fino alla prossima malattia.

PS: sono stata estremamente superficiale ed ho utilizzato un esempio banale per cercare di assaporare la profondità della riflessione di Scaligero, ma ci tenevo a offrire uno spunto di meditazione al di là degli schemi ordinari di pensiero. 

sabato 24 settembre 2016

RICONOSCERE LE PROPRIE RADICI

"L'individuo che non ha i piedi per terra è "fissato" (hung-up: appeso). Tale stato è una condizione psicologica, mentre non essere radicati è uno stato fisico. Queste condizioni sono complementari, perchè sono in realtà due aspetti dello stesso stato di non essere pienamente connessi alla realtà del proprio essere."



IL CORAGGIO DI ASCOLTARSI inizia con un esercizio di radicamento al quale ero giunta senza sapere nulla di Lowen, della psicanalisi e della psicosintesi. Avevo semplicemente sperimentato su di me e nei gruppi di meditazione che il passo fondamentale per potersi aprire in modo equilibrato ad una dimensione invisibile fosse mettere radici (così in alto, così in basso). Questa intuizione trovò ulteriori conferme nella prosecuzione del mio lavoro di ricerca sul corpo de IL RITMO DEL CORPO. L'inconsapevolezza che percepivo osservando la posizione dei piedi delle persone supportò l'intuizione di quanto fosse importante un lavoro sul corpo prima di un percorso interiore volto a connettersi con il proprio essere. Le difficoltà riscontrate da chi si accingeva a trasformare l'inconsapevolezza di posture e movimenti, mi confermò una volta di più quanto il percorso intrapreso fosse importante. Il corpo è a disposizione di tutti, accessibile in ogni momento e offre segnali semplici e immediati per valutarne i cambiamenti e le trasformazioni. Eppure è un lavoro incredibilmente impegnativo. Lavorare sull'interiorità senza aver raggiunto la consapevolezza del proprio corpo è un'immersione nel labirintico e illusorio mondo della mente.  Il corpo con i suoi disagi è un alleato prezioso nel riportarci con i piedi per terra e connetterci con la realtà di quello che siamo. Possiamo continuare a sopravvivere nell'immagine di noi stessi solo annullando la percezione della fisicità e il nostro ego farà l'impossibile, attraverso iperboliche giustificazioni mentali, per convincerci a non arrenderci al corpo.

mercoledì 21 settembre 2016

LASCIAR ANDARE

Cadono le foglie
colorando la natura di nuove sfumature.

Nel silenzio
l'attenzione si rivolge all'interno
e mette in evidenza la resistenza al cambiamento.

Il lasciarsi andare al ritmo del proprio corpo 
che cambia e si trasforma
fa paura.

Nella contraddizione dell'immobilità
diveniamo passivi osservatori 
di un viaggio mai intrapreso.

Cadono le foglie
colorando la natura di nuove sfumature.
La bellezza segna la via.






martedì 20 settembre 2016

CORPO E SPIRITO

"Se siamo ancora presi dalla vecchia idea di un'antitesi esistente tra mente e materia, lo stato di cose attuale rappresenta una contraddizione intollerabile, che può persino dividerci da noi stessi. Ma se possiamo conciliarci con la misteriosa verità che lo spirito è il corpo vivente visto dall'interno, e che il corpo è la manifestazione esteriore dello spirito vivente, dato che le sue cose sono in realtà una cosa sola, allora possiamo comprendere perchè avviene che il tentativo di trascendere l'attuale livello di coscienza debba dare al corpo quel che gli è dovuto. Vedremo anche che la fede nel corpo non può tollerare una visione che neghi il corpo in nome dello spirito."

Carl Jung - Modern Man in Search of a Soul
New York, 1933


"Ho fede nel corpo" rappresenta una frase su cui riflettere in profondità. 
In assenza della fede si deve avere il controllo. E abbandonarsi con fiducia al proprio corpo e alla sua spontaneità fa paura. L'ego gioca un ruolo importante in questo passaggio: il sentirci impotenti ci spaventa. L' irrazionale paura scatenata dall'idea di lasciare il comando al corpo ci terrorizza perchè presuppone la rinuncia consapevole al controllo. Il corpo potrebbe svelare chi siamo, al di là delle barriere sapientemente costruite negli anni per difenderci dalle nostre debolezze e dalle nostre paure. Il corpo potrebbe tradire la nostra rabbia repressa, la nostra tristezza, le nostre emozioni trattenute, la nostra presunzione, disgregando quell'illusoria facciata fatta di sorrisi e di compromessi.
"Ho fede nel corpo" rappresenta una frase su cui riflettere in profondità. 
Soprattutto quando ci siamo allontanati così tanto dal corpo da dividerci da noi stessi.