mercoledì 28 febbraio 2018

MI SI E' BLOCCATO IL COLLO

Non è raro con questo freddo sentire persone lamentarsi per il torcicollo,  la cervicalgia o la sinusite.
Vi siete mai chiesti come mai in alcuni momenti della vita ci ammaliamo più facilmente, mentre in altri resistiamo in salute nonostante le condizioni meteo più rigide?
A fare la differenza è il nostro stato psico-fisico.
Una condizione di equilibrio messa a dura prova, resiste agli eventi esterni se mantiene il centro pur permettendo una certa flessibilità, ragion per cui, se viviamo un periodo abbastanza sereno, le nostre energie risentiranno meno dell'effetto di agenti patogeni esterni. Se al contrario siamo tesi e preoccupati, la rigidità del tempo si sommerà alla nostra rigidità interna, allontanandoci dallo stato di equilibrio e facendo oscillare la nostra bilancia in direzione di un solo piatto. Questo disequilibrio aprirà le porte al disagio.  La malattia fisica evidenzia, quindi, qualcosa che ci appartiene e che ha radici ben più profonde di un banale colpo di freddo.
Abbiamo il collo bloccato? Stiamo guardando sempre nella stessa direzione. Questo può accadere, ad esempio, di fronte ad un problema che ci angustia. 
Abbiamo mal di testa? Pensiamo troppo e la nostra energia si è bloccata tutta nella testa!
Siamo tesi e irrigiditi? Provate a piegare un ramo secco senza romperlo se ci riuscite. 
Come guarire? Impariamo a essere più flessibili. 




lunedì 19 febbraio 2018

ARRAMPICATA LIBERA

Avete presente la fatica fisica e psicologica accumulata per arrampicarsi su una scoscesa parete di roccia? 
A volte la fatica è tanta da rallentare la salita, a volte ci porta ad abbandonarla. Altre volte la fatica è sopportabile e raggiungere la cima è alla nostra portata.
In entrambi i casi ci ritroviamo ad osservare la scarpata, che sia dall'alto o dal basso, mentre il corpo rilascia la tensione e la fatica psicologica si annulla abbandonando la concentrazione sul percorso.
Raggiungere la cima può farci sentire felici e realizzati, mentre il dovervi rinunciare può farci sentire inadeguati e arrabbiati. Si tratta semplicemente di emozioni. Emozioni importanti, che ci aiutano a guardare al percorso fatto con consapevolezza.
Spesso di fronte a un fallimento cerchiamo un significato agli eventi, in quanto esso non è racchiuso nella realizzazione dell'obiettivo che ci eravamo prefissati.
I fallimenti sono passaggi eccezionali per la nostra crescita: ci mostrano le nostre fragilità permettendoci di accoglierle, ci aiutano a focalizzare meglio cosa è in nostro potere realizzare, ci donano l'umiltà per rimetterci in gioco, ci riportano al centro di noi stessi. (Tutto questo accade, ovviamente, solo nel caso in cui non ci fossilizziamo davanti alla scarpata a piangerci addosso come vittime sacrificali di un destino crudele.)
Ci possiamo domandare come mai abbiamo sentito l'esigenza di scalare la scarpata o cosa ci ha spinto a scegliere proprio quella scarpata.  Ci possiamo domandare come mai ci sono mancate le forze di fronte ad essa e perchè era così importante raggiungere la cima. Ci possiamo domandare cosa abbiamo provato durante la scalata e come ci siamo sentiti durante la discesa.
Tante domande possono sorgere spontanee quando ci apriamo al sentire. Tante saranno le risposte che ci daremo e ci aiuteranno a conoscerci meglio.
Tutto questo grazie a una scarpata e al nostro fallimento di fronte ad essa.
Il percorso verso la consapevolezza si dispiega ai nostri occhi sotto infinite forme: a fare la differenza è la nostra apertura ad accoglierne i segnali.
Che l'apertura accompagni i vostri passi e che sia un buon giorno nella consapevolezza!






venerdì 16 febbraio 2018

GIRO GIRO TONDO IN PRATICA

Da qualche giorno mi viene naturale collegare al corpo i post che scrivo nel blog ispirato al libro IL CORAGGIO DI ASCOLTARSI : il libro IL RITMO DEL CORPO, in effetti, è nato così.
Per cui, d'ora innanzi, quando questa associazione intuitiva farà capolino, legherò i due post, sviluppando dapprima la parte interiore e susseguentemente il risvolto fisico.
Il post che intendo sviluppare oggi è: GIRO GIRO TONDO (cliccando si apre il link al post), per cui stimolerò alcune riflessioni pratiche ad esso relative.
Solitamente quando restiamo confinati al livello mentale, il corpo vive una sorta di immobilità: la frittella noiosa e autoinstallante del giro giro tondo risulta così statica e in espansione (si muove poco e mangia spesso più del necessario per compensare la frustrazione). 
Il trip mentale, infatti, ci dissocia dal corpo relegandolo necessariamente in panchina: l'immagine che ha scatenato questa intuizione è stata quella di visualizzare la pratica del giro giro tondo. 
Quanti giri in tondo riusciremmo effettivamente a sopportare senza finire a terra con un senso di vertigine e spossatezza?
Ovviamente non mi riferisco ai giri del Maestro Sufi che mantiene nel movimento una centralità consapevole, ma a quelli del Tagadà, quella giostra che ti piazza immobile sulla circonferenza di una ruota immaginaria e ti frulla senza soste per alcuni minuti. Spero di aver reso l'idea.
Risulta evidente il motivo per cui  la fisicità viene addormentata per poter fuggire dalla paura (e di nuovo ricompare l'immobilità!), dedicandosi, senza intralci, all'inseguimento delle oasi illusorie. 
Nel post del Coraggio, ad un certo punto segnalo la riscoperta delle radici come punto di svolta: radici che possono naturalmente essere identificate con il nostro corpo fisico, ancoraggio e alleato nel cammino verso la consapevolezza.
Gli alleati sono strumenti fondamentali nei passaggi del percorso e il corpo in questo caso  lo dimostra. 
Disgregare lo schema significa trasformare lo stato di immobilità del corpo per ritrovare un contatto oggettivo con la realtà. L'inerzia del corpo è specchio del potere della mente, ma un'azione consapevole è sempre possibile, se lo si vuole. La volontà sottende un intento: scendere dalla giostra si può, ma si tratta di una scelta consapevole ad un più alto livello energetico (il movimento da orizzontale - lungo gli anelli del fusto dell'albero - si apre alla verticalità - dalle radici ai rami e dai rami alle radici).
Per fugare ogni dubbio, fate praticamente una trentina di giri in tondo senza interruzioni! 
Buona pratica e che la fiducia sia con voi. Buongiorno!








domenica 11 febbraio 2018

LA SABBIA TRA LE MANI

Avete mai provato la sensazione della sabbia tra le mani? Essa non può essere trattenuta e scivola via. Per quanto ci si sforzi, il risultato non cambia. 
Non è la stessa sensazione che proviamo quando vorremmo trattenere qualcosa nella nostra vita e non ci è dato poterlo fare? Cosa scatena in noi la sabbia tra le mani?
Questa percezione scatena in noi un mare di emozioni: rabbia, senso di impotenza e frustrazione, sfiducia, delusione. 
Il nostro corpo si raggomitola su se stesso e si irrigidisce, acuendo ancor  più l'atteggiamento di chiusura che ci pervade.
E più tentiamo di forzare gli eventi, maggiore è la tensione che accumuliamo.
La mente ha facile gioco su un corpo sempre più bloccato e invade ogni cellula di pensieri ed emozioni, rendendoci difficile uscire dal tunnel buio dell'assenza di fiducia.

E se il fatto che la sabbia ci scivoli tra le mani fosse una benedizione? Mai che ci venga da pensarlo.
Siamo talmente focalizzati sulla percezione della perdita da non vedere altro.
In questi momenti, l'atteggiamento migliore è la resa, unitamente all'osservazione consapevole.
Difficile a realizzarsi a livello mentale, ma non fisicamente.
Il corpo è teso e accartocciato? Rilassiamolo e distendiamolo. 
Il corpo è bloccato? Agiamo, facendo qualcosa di pratico come una passeggiata.
Il corpo è invaso dai pensieri? Focalizziamoci su qualcosa che ci piace come la musica, il disegno, il giardinaggio... non possiamo fermare le rimuginazioni, ma è in nostro potere direzionare l'attenzione altrove.
A volte, sono sufficienti alcuni semplici accorgimenti per tornare ad una dimensione di oggettività.










venerdì 9 febbraio 2018

LA PAURA DELLA PAGINA BIANCA

Oggi propongo un esercizio alternativo. Prendetevi un quarto d'ora dedicato e un bel foglio bianco. A disposizione tenete una penna, una matita e dei colori (matite, pennarelli o cosa preferite). Chiudete gli occhi e fate tre respiri profondi, aprendovi all'ascolto e al silenzio. Se i pensieri si intensificano continuate a respirare mantenendo la concetrazione su inspirazione ed espirazione, rilassandovi e trovando un ritmo più rallentato e profondo che vi faccia stare bene. A questo punto visualizzate il foglio bianco e continuate a respirare con calma. Improvvisamente può presentarsi un'immagine: non ha importanza abbia senso o sia stramba: accoglietela senza ricamarci sopra. Quindi, secondo la vostra predisposzione, disegnate o scrivete una storia partendo dall'immagine. Lasciatevi andare senza giudicare nè pensare a quello che sta avvenendo: è un momento solo vostro e potete permettervi la libertà di fare qualsiasi cosa. Importante è iniziare, poi saranno i colori o la storia stessa a guidarvi nel meraviglioso viaggio all'interno di voi stessi.

Cosa accade se l'immagine non compare, i pensieri dilagano e il corpo si irrigidisce? 
Non preoccupatevi, nè sentitevi in difetto. Concentratevi sul corpo: muovetelo, sciogliete le tensioni, prendetevene cura e rassicuratelo. E' naturale provare timore per qualcosa che non si conosce. La paura di confrontarsi con se stessi ha radici profonde e coinvolge le nostre fragilità. Non abbiate fretta  e accogliete con pazienza la preparazione necessaria a questo importante incontro. Lavorate sulla vostra predisposizione a lasciarvi andare attraverso il corpo, è la via più semplice e naturale per supportare un intento di apertura. Di fronte alle rigidità intervenite con dolcezza e movimento, allungate il respiro contratto sciogliendo le spalle, ammorbidite la tensione del collo con delle rotazioni senza forzature, scrollate le braccia e muovete le dita abbandonando l'ansia da prestazione.
Poi riprovateci. Se non accade nulla, fate altro senza fossilizzarvi. Potrebbe anche capitare che quando deponete le aspettative e state sbrigando le faccende di casa o andando al lavoro, l'immagine faccia capolino davanti ai vostri occhi inaspettatamente. Osservatela attentamente e quando avete tempo, riportatela alla memoria e provate a disegnarla o a scrivere cosa vedete.
Il giorno successivo riprovate e poi ancora. 
La paura della pagina bianca si può superare.