sabato 12 dicembre 2020

LA STANCHEZZA NEL CORPO

 Spesso capita di arrivare a Dicembre e alle vacanze natalizie molto stanchi. Come se l'anno appena passato e le sue esperienze ed emozioni pesassero tutte insieme di colpo sul corpo. 
E quest'anno non è stato affatto semplice: ci ha richiesto moltissime energie. Ha rimesso in discussione le nostre certezze e ci ha costretto a fare i conti con la nostra vulnerabilità. 
Che lo volessimo o no, il 2020 ha riportato il focus sull'importanza del nostro corpo fisico e sulla sua salute. 
Tutti indistintamente abbiamo imparato ad ascoltare maggiormente il corpo: chi per paura dei sintomi del Covid, chi per la sensazione di oppressione che il lock-down ha generato, chi per la tensione continua che l'ha caratterizzato, chi per la stanchezza inspiegabile dell'immobilità, chi per malattia...
L'ascolto mirato del proprio corpo ha riportato ciascuno di noi a contatto con una fisicità spesso trascurata facendo emergere disagi e tensioni presenti da tempo, ma dimenticati per priorità differenti.
E' difficile affrontare i problemi latenti in un periodo già di per sé impegnativo per cui il dicembre del 2020  è iniziato con ancora maggior stanchezza.
Ci siamo abituati a percorrere chilometri senza controllare il pieno del nostro serbatoio di energie e il Covid ci ha fermati a metà strada per farcelo notare. E sapete cosa significa continuare a viaggiare con la spia rossa accesa? Prima o poi la macchina si ferma e farla ripartire non è così semplice, non basta più fare il pieno. E di macchine ferme in giro se ne vedono parecchie: osservate gli sguardi che sbucano dalle mascherine colorate e vedrete occhiaie da notte insonni e occhi carichi di tristezza e preoccupazione, occhi vuoti e senza luce.
Immobilità non significa riposo e in molti l'hanno sperimentato. La mancanza di relazioni e di sguardi nuovi, capaci di offrirci prospettive differenti, ha messo in luce quanto la socialità sia un aspetto fondamentale per la nostra salute psico-fisica. Il web ci ha proposto continuamente un'infinità di relazioni virtuali, ma il filtro dello schermo le ha rese meno umane, empatiche e dirette, privandole di quei valori così importanti per il nostro benessere.
Questa presa di coscienza è un buon punto di partenza per l'anomalo Natale di rinascita che ci apprestiamo a vivere. Dedichiamo il tempo dell'isolamento ad osservare con maggiore oggettività le nostre relazioni: non focalizziamoci sulla loro mancanza, ma sulla nostra presenza all'interno di esse. Oggi abbiamo compreso quanto siano essenziali al nostro stare bene, per cui scaviamo in noi stessi e chiediamoci cosa facciamo noi per far stare bene l'altro. Analizziamo i nostri comportamenti, le nostre prese di posizione, gli atteggiamenti e i giudizi con cui ci avviciniamo all'altro, l'apertura che siamo in grado di manifestare, le aspettative e i bisogni che caratterizzano le nostre relazioni. A questo primo passaggio facciamo seguire una seconda analisi mettendo sui piatti della bilancia il nostro benessere e quello dell'altro: ovviamente con la consapevolezza che sono intimamente collegati. Potremo scoprire che le relazioni equilibrate al nostro attivo sono poche. O doniamo troppo o troppo poco. O riceviamo troppo o troppo poco.
Trasformiamo, quindi, la difficoltà dell'isolamento in un'opportunità di centratura partendo da noi stessi. Chissà che questo Natale così strano non sia più la celebrazione dell'egoismo e della materialità, ma torni a manifestare il suo significato più profondo di rinascita nell'amore. Un amore verso se stessi che si manifesta e si realizza nell'amore verso gli altri.



Foto Donatella Coda Zabetta
Ralph

domenica 29 novembre 2020

SEI TUTTO SOTTOSOPRA?

 Vi è mai capitato di sentirvi tutti sottosopra senza un motivo?
Vi è mai capitato di provare una stanchezza insolita e non addebitabile ad uno sforzo psico-fisico particolare o di non riuscire a riposare bene a causa di un'inquietudine che non trova giustificazione?
Vi è mai capitato di avere la percezione che stia per capitare qualcosa senza avere la più pallida idea su cosa potrebbe accadere?
Se vi è capitato, state per arrivare in stazione (I PASSAGGI VERSO LA CONSAPEVOLEZZA). 
Cosa significa? Che ad un certo punto la vita vi sorprenderà facendovi lo sgambetto e vi farà cadere. E quando sarete a terra, ancora confusi da quanto avete vissuto, osserverete gli eventi e vi renderete conto della loro inevitabilità. 
Come mai? Perché proprio quegli eventi saranno in grado di dare un significato al terremoto interiore che vi scombussola da giorni.
La prima reazione alla caduta tenderà ad addebitare la responsabilità dello sgambetto a qualcun altro per non dover affrontare la tempesta interiore che vi sconquassa. 
Quel qualcun altro è stato sicuramente funzionale al vostro percorso con le sue azioni o parole, ma al di là di questo c'entra poco.
A quello sgambetto avete contribuito giorno dopo giorno direttamente voi stessi. 
Come? Non fermandovi prima, non ascoltandovi in profondità o semplicemente perché non eravate ancora pronti a vedere. 
Le cadute, infatti, arrivano sempre quando abbiamo maturato il coraggio di affrontarle rialzandoci. E quando tutti acciaccati raccogliamo sfiniti i pezzi di noi stessi sparsi a terra, ci rendiamo conto che un pezzo deve essere riparato prima di poter essere rimesso a posto. Così lo prendiamo in mano, lo osserviamo e scopriamo una ferita dimenticata che non abbiamo curato adeguatamente. E questa ferita avrà il potere di riportarci là, nel momento in cui è avvenuta, proprio per aiutarci a guarirla.
Questo passaggio può durare qualche giorno e il nostro corpo può viverlo molto intensamente. Le memorie cellulari riattivate dagli eventi devono essere rielaborate ed è possibile farlo solo attraversandole con consapevolezza e umiltà, accogliendo il dolore, trattenendone il significato e lasciando andare il passato. Il lasciar andare non è mai semplice, ha sempre un prezzo. Il prezzo del perdono. Un perdono rivolto all'interno che si manifesta nel momento in cui rinunciamo a restare attaccati con accanimento al nostro ricordo. Un perdono che ci permette di andare oltre senza trascinarci la zavorra ingombrante della nostra rinuncia a dimenticare. Quel dolore è divenuto parte di noi e non ci serve trattenere gli eventi che l'hanno causato per non dimenticare. E' però importante curare la ferita causata da quel dolore per poter essere nuovamente liberi.
Il corpo in tutto questo processo gioca un ruolo determinante: ci rimanda infatti con grande trasparenza la condizione di quella ferita. Alla guarigione segue solitamente il tracollo fisico per l'impiego della grande energia impiegata nel processo: questo stato può durare qualche ora o qualche giorno e richiede riposo.
D'altra parte il lasciar andare si completa nel lasciarsi andare per rinascere ad una nuova alba.



Foto Donatella Coda Zabetta


sabato 17 ottobre 2020

PRESENTAZIONE ON LINE: LEILA UNA STORIA COME TANTE - LIBRERIA LA FENICE

Lunedì 19 Ottobre 2020

Ore 18:30

Dalla pagina facebook della LIBRERIA LA FENICE di Villanova d'Asti

Francesca e io parleremo di:

LEILA UNA STORIA COME TANTE


Foto Donatella Coda Zabetta

domenica 20 settembre 2020

IL RACCONTO COME SPECCHIO

 Ieri sera, parlando di Leila con una cara amica ex libraia, è stato naturale ricordare i saggi editi da Mediterranee, che grazie a lei avevo presentato in più occasioni, e meditare sulla scelta di scrivere un romanzo di formazione al femminile.
Quando Paola Neyroz (Il giocatore di carte) mi ha donato l'opportunità di far parte di "Maria Venere" in compagnia di altre donne, ho scritto, ascoltato e condiviso tantissime storie scaturite dai suoi incipit in un progetto di approfondimento sul femminile.
In quell'occasione è stato naturale osservare con attenzione le dinamiche, le similitudini tra le storie, l'emersione di parti più profonde e spesso "accantonate", le paure, le emozioni e l'empatia scaturite dalla condivisione delle storie che come un filo invisibile ha guidato il gruppo fino al termine del progetto.
Proprio integrando queste esperienze in meditazione è arrivata Leila: "Lei è là": donna e specchio.
Scoprii poi che Leila deriva dal nome arabo "Laylah" che vuole dire "notte" e la sincronicità con la mia fonte ispiratrice, la luna, mi è sembrata perfetta. Femminile, luna, specchio, incosncio.
L'immediato collegamento con la Principessa Leila di Star Wars, con le sue ombre, la sua forza e la sua ribellione mi confermarono ulteriormente quanto questo nome fosse perfetto per la protagonista del romanzo.
Il filo invisibile che lega indissolubilmente Leila ai miei due primi volumi è proprio racchiuso in lei, nelle sue scelte, nei suoi comportamenti e nelle sue relazioni. Il tema del femminile non può, infatti, essere trattato compiutamente senza scrivere del maschile specchiando la totalità che appartiene ad ognuno di noi.





Foto di Lisa da Pexels

giovedì 17 settembre 2020

LEILA UNA STORIA COME TANTE

Con la luna piena, il 3 agosto, ho finito l'editing del mio primo romanzo. 
Con la luna nuova, pochi minuti fa, il corriere mi ha consegnato le prime copie del libro. 
Con la luna piena, il primo ottobre, "Leila una storia come tante" sarà disponibile in libreria.

La sincronicità di questo libro con le fasi lunari non smette di sorprendermi. 

L'idea di scrivere un romanzo è maturata nel mio cuore con gradualità. 
Percepivo da tempo l'intimo bisogno di scrivere sul femminile 
e spesso mi sono chiesta quale fosse il modo migliore per farlo. 
La risposta arrivò una notte di luna piena di due anni fa. 
Da quel momento non ho più smesso di dialogare con la luna.
Ne è nata una storia, una storia al femminile.



lunedì 3 agosto 2020

I CONFINI DEL CORPO

Quali sono i confini del corpo fisico? 

Un metro di distanza, il suo peso, la sua capacità di espandersi o di contrarsi, il suo ruolo, la sua immagine, i suoi bisogni fisiologici, i suoi bisogni non fisiologici...
Le risposte possono essere infinite e dipendono dal nostro modo di osservare noi stessi e gli altri.
Possiamo essere centrati e in equilibrio o completamente decentrati oppure possiamo identificarci con qualsiasi sfumatura situata tra gli estremi della nostra bilancia interiore.
Mettere d'accordo la nostra parte sinistra con la nostra parte destra senza propendere per alcuna richiede uno sforzo non indifferente.  Un po' come quando accostiamo i piedi e chiudiamo gli occhi mantenendo una postura eretta: se prestiamo attenzione al sentire ci accorgeremo di quanto il nostro equilibrio sia vulnerabile. E mi riferisco al semplice fatto di aver i piedi ben radicati a terra nella dimensione spazio-temporale di appartenenza.
Tutt'altra cosa se focalizziamo il nostro equilibrio tra materialità (dimensione fisica) e spiritualità (dimensione sottile): alto e basso del nostro corpo, per intenderci. O se puntiamo l'attenzione tra parte anteriore (presente) e posteriore (passato) dello stesso.
Tutto si risolve in un gioco di equilibri alquanto difficile da raggiungere. E ogni oscillazione influisce inevitabilmente sul nostro modo di essere, di vivere, di relazionarci.
Il Covid-19 ha avuto il potere di evidenziare la nostra mancanza di equilibrio. La chiusura imposta ha illuminato la nostra eccessiva apertura, la presenza di limiti la nostra intolleranza e il nostro egoismo. La relazione con l'altro si è rivelata senza filtri in tutte le sue difficoltà. La propensione a eccedere nei bisogni materiali e la frustrazione che ne è derivata ha messo in risalto le lacune di una visione di crescita evolutiva condivisa. Allo stesso modo abbiamo dovuto farci i conti in tasca perché di fronte ad un presente instabile, il passato con le sue ferite ha giocato un suo ruolo. 
Insomma l'ottovolante emotivo che caratterizza i nostri giorni è specchio fedele del nostro disequilibrio.
Curioso il fatto che sia stato proprio il confinamento a presentarci i nostri limiti interiori ed esteriori.



Foto di Lucas Pezeta da Pexels

mercoledì 22 aprile 2020

UN CORPO IN STAND-BY

Un corpo in stand-by. 
Immobile per colpa del virus, il "nemico" invisibile.
Un corpo non ascoltato e messo a tacere.

Un corpo in stand-by e una mente iperattiva.
Il disequilibrio che sta travolgendo l'uomo è molto più pericoloso di un virus.
E' la manifestazione della dissociazione corpo-mente.

Un corpo in stand-by ci rende alberi senza radici.
Vulnerabili alle intemperie, incapaci di stabilità e discernimento.
Il filtro sensoriale non limita più la mente.

Un corpo in stand-by ci rende alberi dalla chioma enorme.
Alberi spogli, i cui rami, rinsecchiti dall'assenza di linfa vitale,
si piegano ai venti della manipolazione.

Un corpo in stand-by ci allontana dalla nostra umanità
congelandoci in un inverno senza fine
proprio quando all'esterno la natura riprende a fiorire.

Un corpo in stand-by ha perso il suo ritmo
e la sua spontaneità.
Ha perso la libertà di muoversi e trasformarsi.

Un corpo in stand-by 
è la fotografia più autentica di quanto stiamo vivendo.
Ci stiamo trasformando in automi.


Questa riflessione segue quelle espresse nei seguenti post:

L'immunità di gregge

Ho paura di vivere

Il virus è dentro di noi

Donatella Coda Zabetta



Foto di LJ da Pexels




mercoledì 22 gennaio 2020

SIAMO ISOLE INCONSAPEVOLMENTE COLLEGATE

Siamo isole 
e ci manifestiamo orgogliosi della nostra unicità
emergendo dall'oceano che ci unisce e sotto il cielo che ci sovrasta.
A volte godiamo del riposante calore del sole
volgendo lo sguardo in alto e assopendoci nel benessere.
Altre volte resistiamo alla tempesta
erigendo barriere naturali e chiudendoci all'esterno.
Quando è l'oceano a invaderci
ci difendiamo con alte scogliere
la cui erosione diviene simbolo manifesto delle nostre battaglie.
Quando le onde trascinano via la sabbia dei nostri lidi
oscilliamo impotenti tra il trattenere e il lasciar andare
resistendo con tutte le nostre energie alla forza delle mareggiate.
Raramente ci sfiora il pensiero
che lo stesso sole, le stesse tempeste e le stesse mareggiate
interessano anche le altre isole.
Nello stesso momento le isole più vicine,
in momenti diversi quelle più distanti.
Spesso siamo troppo centrati su noi stessi per accorgercene.
E poi cosa importa, si potrebbe di rimando pensare.
Già. Cosa importa.





martedì 14 gennaio 2020

STARE NELLA CONSAPEVOLEZZA

Resto immobile nel mio corpo.
Amplifico la percezione per coglierne i segnali.
In silenzio mi focalizzo su tensioni e rigidità:
 le sciolgo approfondendo il respiro e con il movimento.
Torno immobile nel mio corpo.
Concentro l'attenzione su inspirazione ed espirazione:
una vibrazione di benessere mi pervade.
Mi immergo nel presente della mia fisicità
accogliendone il rilassamento.
Sono pronta ad approfondire la consapevolezza
rivolgendomi all'interno.
Osservo le emozioni manifestarsi:
le vedo sfrecciare come treni impazziti in tutte le direzioni.
Nel respiro mantengo il mio centro,
nel corpo mi radico.
I pensieri perdono forza e intensità
di fronte al ritmo costante della mia respirazione.
Lo stare nella consapevolezza
è pace e armonia.
Mi apro al cuore con dolcezza.