Osservo. Ascolto. E poi osservo di nuovo.
I comportamenti umani con le loro dinamiche mi hanno sempre affascinato.
Così osservo con attenzione i movimenti, i gesti, le tensioni.
Li osservo dispiegarsi, il più delle volte, in modo automatico,
attirati dai fili invisibili del desiderio.
Li riconosco perchè i movimenti si attivano e si esauriscono
come se tante molle li dirigeressero:
compressione, rilascio, compressione, rilascio,
da una parte all'altra senza sosta.
Mancano di riposo.
Lo stare, infatti, è solo il preludio al movimento successivo.
Lo stare è insopportabile: amplifica vuoto e fragilità.
Per questo il corpo si muove incessantemente
seguendo le proiezioni della mente in un illusorio atto di onnipotenza.
Osservo. Ascolto. E poi osservo di nuovo.
Tanti corpi vagano disperati alla ricerca del soddisfacimento delle pulsioni
per colmare la frustrazione, la disperazione, l'angoscia.
Con il cibo, l'alcool, il fumo, il sesso, la violenza, la trasgressione
cancellano il disagio in un moto perpetuo verso l'autodistruzione.
Il corpo viene usato, bistrattato, violentato
fino al suo totale annullamento.
Quando il desiderio lascerà spazio alla morte.
Osservo. Ascolto. E poi osservo di nuovo.
E mi rattristano l'inconsapevolezza e la superficialità.
Mettono in luce la mia umanità,
la mia stessa fragilità,
il mio senso di impotenza di fronte ad una realtà illusoria
che sembra fagocitare gli uomini
per poi sputarli come gusci vuoti incapaci di ritrovare sè stessi.
E mi rattristano la passività e la mancanza di fiducia.
Mettono in luce quanta energia mi sia necessaria
per restare focalizzata sul cuore
e mantenere viva la sua luce.
Osservo. Ascolto. E poi osservo di nuovo.
Non posso che accogliere le tante scelte inconsapevoli
acuendo la mia stessa consapevolezza.
Cerco di restare centrata e di non perdere fiducia.
Fiducia in un significato più profondo degli eventi
cosciente della limitatezza del mio sguardo
e della mia umanità.