venerdì 27 dicembre 2019

LE SOVERCHIANTI FRAGILITA' DELL'UOMO

Osservo. Ascolto. E poi osservo di nuovo.
I comportamenti umani con le loro dinamiche mi hanno sempre affascinato.
Così osservo con attenzione i movimenti, i gesti, le tensioni.
Li osservo dispiegarsi, il più delle volte, in modo automatico,
attirati dai fili invisibili del desiderio.
Li riconosco perchè i movimenti si attivano e si esauriscono 
come se tante molle li dirigeressero:
compressione, rilascio, compressione, rilascio,
da una parte all'altra senza sosta.
Mancano di riposo.
Lo stare, infatti, è solo il preludio al movimento successivo.
Lo stare è insopportabile: amplifica vuoto e fragilità.
Per questo il corpo si muove incessantemente 
seguendo le proiezioni della mente in un illusorio atto di onnipotenza.

Osservo. Ascolto. E poi osservo di nuovo.
Tanti corpi vagano disperati alla ricerca del soddisfacimento delle pulsioni
per colmare la frustrazione, la disperazione, l'angoscia.
Con il cibo, l'alcool, il fumo, il sesso, la violenza, la trasgressione
cancellano il disagio in un moto perpetuo verso l'autodistruzione.
Il corpo viene usato, bistrattato, violentato
fino al suo totale annullamento.
Quando il desiderio lascerà spazio alla morte.

Osservo. Ascolto. E poi osservo di nuovo.
E mi rattristano l'inconsapevolezza e la superficialità.
Mettono in luce la mia umanità,
la mia stessa fragilità,
il mio senso di impotenza di fronte ad una realtà illusoria
che sembra fagocitare gli uomini
per poi sputarli come gusci vuoti incapaci di ritrovare sè stessi.
E mi rattristano la passività e la mancanza di fiducia.
Mettono in luce quanta energia mi sia necessaria
per restare focalizzata sul cuore
e mantenere viva la sua luce.

Osservo. Ascolto. E poi osservo di nuovo.
Non posso che accogliere le tante scelte inconsapevoli 
acuendo la mia stessa consapevolezza.
Cerco di restare centrata e di non perdere fiducia.
Fiducia in un significato più profondo degli eventi
cosciente della limitatezza del mio sguardo
e della mia umanità.







giovedì 12 dicembre 2019

CAMMINO PIANO, A PICCOLI PASSI

Cammino piano, a piccoli passi.
Tutt'intorno il mondo corre veloce
in un vorticoso arrotolarsi su se stesso
alla ricerca del regalo perfetto.

Cammino piano, a piccoli passi.
Non amo la frenesia natalizia.
Non amo il conformismo della festa comandata.
Non amo i sorrisi impostati, le maschere, la superficialità.

Cammino piano, a piccoli passi.
L'inverno è alle porte, la natura lo sa e si prepara.
Il mio corpo ricerca il silenzio e l'interiorità
per accogliere il seme della rinascita con consapevolezza.

Cammino piano, a piccoli passi.
I primi fiocchi di neve mi sfiorano il viso:
il calore li scioglie in lacrime del cielo.
E mentre il terreno si ammanta di una coltre lucente
una stella brilla nel mio cuore.






mercoledì 20 novembre 2019

SENTIRSI BLOCCATI

Quando ci sentiamo bloccati, la mente diviene una fucina di pensieri e di emozioni. Per questo motivo affidarsi al corpo ci aiuta a focalizzare meglio il sentire.
In una situazione di blocco, il corpo ci rimanda una sensazione di pesantezza e immobilità. Se affondiamo in questa percezione invece di fuggirla, noteremo che cela un atteggiamento di chiusura.
Le spalle e il busto tenderanno ad incurvarsi rendendo il respiro superficiale e il corpo sarà caratterizzato da uno stato di tensione e rigidità. Comprensibile l'azione frenetica della mente a contrastare la situazione con una serie inenarrabile di iniziative e idee tese a combattere lo stallo.
Se ci ascoltiamo ancora più profondamente noteremo che è la nostra stessa chiusura a determinare una sorta di circolo vizioso che ci intrappola, come se continuassimo a percorrere ostinatamente la medesima circonferenza a senso unico.
In effetti entriamo in blocco proprio quando scegliamo di concentrarci su qualcosa che non procede secondo i nostri piani e riduciamo la nostra esistenza ad osservare il muro dell'incontrollabile.
Visivamente potremmo immaginarci come statue imbronciate e curve su se stesse, vibranti di frustrazione e sfiancate dallo sforzo di cambiare ciò che non è in nostro potere cambiare.
Ecco nascere le brillanti idee volte a cancellare l'inaccettabile. Esse si susseguono veloci tentando di rimpolpare l'immagine di noi stessi che si sta lentamente sfaldando davanti ai nostri occhi.
E più ci inventiamo soluzioni inconcludenti e più ci sbricioliamo di fronte alla realtà delle cose.
Come si può disgregare lo schema? Restando in apertura.
Come si fa a restare in apertura? Si accetta lo stato delle cose (vi sto prendendo in giro? giammai, leggere il seguito!)
Come si accetta lo stato delle cose? Non identificandosi con l'incontrollabile.
Come si fa a non identificarsi con l'incontrollabile? Lo si osserva con distacco.
Come si fa ad osservare l'incontrollabile con distacco? Si utilizza il corpo e si fa tesoro della consapevolezza che  esiste colui che osserva (il centro del cerchio) e il conosciuto (la circonferenza) e che il conosciuto non definisce mai colui che osserva a meno che quest'ultimo si lasci fagocitare da esso spostandosi sulla circonferenza e iniziando a correrci sopra con ossessiva ostinazione.
Potrei proseguire ad oltranza, ma poi rischio di complicare le cose. 
Mi limiterò a dire che sulla circonferenza vi è un'infinità di conosciuti e se smettiamo di osservarne uno solo potremmo scoprire tante nuove ed interessanti opportunità.








martedì 12 novembre 2019

CAMMINARE IN PUNTA DI PIEDI

Cammino in punta di piedi per non sprofondare.
Mi muovo leggera tra i fili rossi dei giudizi, 
delle critiche, delle manipolazioni.
Osservo i fili tendersi, rompersi, aggrovigliarsi
e formare una rete intricata e fagocitante.
Il mio corpo sente il fuoco della rabbia che li colora,
lo sente fuori e dentro di sé.
Ogni tanto si scotta, 
ma poi ricorda.
Ricorda che quel fuoco non è solo rabbia:
la rabbia ne è una sfumatura,
ma non lo definisce.
Le sue fiamme possono essere ardenti e divoratrici
o arrivare fino al cielo per colorarsi di blu
e creare arte e bellezza.
Cammino in punta di piedi per non sprofondare.
Conosco la mia fragilità, la vedo, la riconosco.
Conosco la mia forza, la vedo, la riconosco.
Cammino in punta di piedi per non sprofondare
in equilibrio tra terra e cielo
mantenendo vivo il fuoco della trasformazione.



Disegno di Chiara Rondoletto

mercoledì 6 novembre 2019

VIAGGIARE CON IL PROPRIO CORPO

Immaginiamo di muoverci fisicamente all'interno del labirinto della nostra mente e immaginiamo di percorrere il vicolo cieco della rimuginazione e di trovarci di fronte ad un muro. Ci giriamo, torniamo indietro e cerchiamo un'altra via o ripercorriamo il vicolo della rimuginazione all'infinito? Probabilmente, a livello fisico non avremmo alcun dubbio...
Immaginiamo ora di percorrere il vicolo delle ferite sanguinanti per poter procedere oltre. Ci troviamo di fronte ad un percorso  che ad ogni passo ci provoca  dolore. Immediatamente cercheremo cosa ci sta causando dolore per evitare che possa continuamente nuocerci costringendoci a ripercorrere il vicolo più e più volte prima di riuscire a superarlo. Difficilmente continueremo a camminare indefessi subendo passivamente il dolore senza fare nulla.
Probabilmente, a livello fisico non avremmo alcun dubbio...
Immaginiamo ora di intraprendere la via delle difficoltà. Ostacoli e impedimenti ci sbarrano il cammino. Ci fermiamo, li osserviamo, scrutiamo attentamente l'area cercando soluzioni alternative al loro superamento. Difficilmente ci bloccheremo di fronte ad essi in attesa che magicamente scompaiano.
Probabilmente, a livello fisico non avremmo alcun dubbio...
Immaginiamo di trovarci di colpo a testa in giù. Prima di tutto cercheremo di capire come rimetterci in piedi. Per farlo cercheremo, molto probabilmente, di comprendere come siamo finiti a testa in giù per non vanificare i nostri tentativi ripetendo lo schema. Poi ci guarderemo intorno facendo tesoro della nuova prospettiva di osservazione e quando avremo valutato l'operatività necessaria al salto lo affronteremo senza incertezze per limitare un eccessivo afflusso di sangue al cervello. Stare immobili nel disagio non è contemplato e probabilmente, a livello fisico non avremmo alcun dubbio...
Ora immaginiamo la strada della "buona educazione". E' talmente stretta che ci manca il respiro e dobbiamo percorrerla mettendoci su un fianco e raschiando i muri. Ci sono gli slarghi del rispetto verso se stessi e della libertà di scelta, ma per usufruirne dobbiamo abbassarci fino a terra e strisciare attraverso un cunicolo fuori dalla strada della "buona educazione". Il che è una bella fatica e richiede coraggio, perchè ci accolliamo il rischio di essere noi stessi. Il nostro corpo sa quanto sia essenziale respirare a pieni polmoni e probabilmente non avrebbe alcun dubbio...
Gli esempi sono infiniti e lascio che ciascuno immagini il proprio viaggio con il corpo all'interno del dedalo delle proprie pippe mentali.
A volte le risposte più semplici le abbiamo davanti agli occhi - quelli fisici, intendo. 









lunedì 4 novembre 2019

PERCEPIRE IL VUOTO NEL CORPO

Immagino sia capitato a tutti di vivere la percezione di una mancanza di energia nel corpo per sfinimento o per dolore e di doverci convivere durante il delicato passaggio necessario a ristabilire un equilibrio.
Oggi meditavo sull'immagine di un ferita aperta e sanguinante, che sia fisica o psicologica non fa differenza. Il processo di guarigione richiede sempre tempo, energia e un'elaborazione profonda.
Fare i conti con il proprio corpo sofferente ci porta naturalmente a relazionarci con tutte le emozioni che lo stato di disequilibrio scatena in noi.
Un vuoto nel corpo sottende sempre una mancanza a più livelli dimensionali e il disagio fisico ne è la manifestazione ultima.
Questo significa che la guarigione stessa dovrà avvenire a più livelli per essere totale. Curare il groviglio emotivo che la sofferenza evidenzia sarà parte di questo processo.
Il nostro corpo è sempre molto diretto nei suoi segnali e nelle sue malattie e diventa un prezioso alleato da cui attingere  informazioni.
La guarigione non è mai scontata. 
Può essere apparente e temporanea se non è sostenuta dall'intento di voler guarire. 
La guarigione ha sempre un prezzo. 
Può sembrarci irraggiungibile se il prezzo ci appare come un sacrificio che non siamo disposti a fare. 
La guarigione comporta sempre una trasformazione.
Quando percepiamo un vuoto nel corpo diveniamo coscienti di una mancanza che ci appartiene e che richiede di essere curata per il nostro benessere psico-fisico.
Il nostro atteggiamento farà la differenza: possiamo investire le nostre energie nella guarigione oppure possiamo adagiarci in quel vuoto così come possiamo tamponarlo, dimenticarlo o ingrandirlo.








sabato 2 novembre 2019

UN PASSO NELLA NEBBIA

Muovo un passo nella nebbia.
Non vedo oltre il mio naso, non sento rumori.
Mi affido al corpo e al suo equilibrio.
Avanzo spostando il peso con gradualità 
dal piede arretrato.
Muovo il mio baricentro con lentezza e attenzione 
senza perdere il contatto con le mie radici.
Non ho direzioni nè punti di riferimento
oltre al mio corpo e alla spinta interiore che mi spinge a procedere.
Una spinta silenziosa, ma continua
verso nuovi orizzonti.
Muovo un passo nella nebbia.
Non vedo oltre il mio naso, non sento rumori.
Mi affido al cuore, al suo battito, alla sua vitalità.
Stare fermi nella nebbia è facile come perdersi in essa.
Ci vuole coraggio a respirarla, assaporarla, ascoltarla per lasciarsi andare al suo mistero.
Il piede avanzato scivola via,
mi inginocchio a terra e ritrovo umiltà.
Ritorno ad imparare.
 Camminando lungo sentieri ingannevoli
scopro i miei limiti e le mie insicurezze.
I passi si fanno incerti, 
l'illusione appanna la percezione,
il mio corpo rallenta e mi ferma.
Muovo un passo nella nebbia.
Non vedo oltre il mio naso, non sento rumori.
Solo il cuore mi tiene compagnia.





domenica 29 settembre 2019

LA FACCIA DEL MONDO

Oggi posto alcuni estratti dal libro di James Hillman "La forza del carattere" edito da Adelphi.
Volutamente non li commenterò.

"Il mondo vive allo scopo di sviluppare le linee sulla sua faccia" ha detto Hulme. Ripeto sulla sua faccia. Non sono soltanto gli esseri umani a possedere una faccia: noi non ne abbiamo l'esclusiva. La luna ha occhi, naso, bocca, vediamo facce nelle nuvole, profili nelle rocce, occhi che guardano dai tronchi degli alberi, dalle carote, dalle patate... Le case esibiscono facciate e superfici come la pelle; si guardano in faccia ai due lati della strada. Gli antichi egizi immaginavano il cielo come una faccia immensa, con il sole e la luna per occhi. I navaho dicono che c'è sempre qualcosa che ci osserva.
Se non riusciamo più a immaginare che "gli oggetti ricambiano il nostro sguardo", ecco che dalle cose intorno a noi non scaturisce alcuna sfida morale, alcun fascino. Gli oggetti non sono più interlocutori di un dialogo di una relazione Io-Tu. Quando l'anima del mondo ha perduto la faccia, noi vediamo cose invece che immagini. E le cose ci chiedono soltanto di essere possedute e usate, nient'altro.
Gli ambientalisti non parlano mai della faccia perduta del mondo. Non diversamente dai loro oppositori - i latifondisti, gli sfruttatori e gli operatori immobiliari -, leggono il mondo secondo i propri desideri. Sostenibilità, conservazione e restauro sono nobili programmi, ma chi comanda è sempre l'uomo e il mondo è soltanto la palestra in cui attuare i nostri piani. L'ambientalismo dovrebbe invece leggere le linee sulla faccia del mondo per cogliervi il suo carattere, dovrebbe studiare come si sviluppa e provare una stretta al cuore vedendo come è indifeso.
L'attenzione, e soltanto l'attenzione, può rallentare l'azione. Infatti, gli studi sull'ambiente sono lenti a formulare conclusioni. Non esistono metodi di lettura rapida delle linee sulla faccia del mondo. Ciascun pezzetto richiede l'attenzione assidua del ritrattista, del paesaggista. I quali leggono le rughe e leggono tra le righe."

"Se la faccia è il luogo in cui ha inizio l'etica della società, che cosa accade alla società quando la faccia che invecchia è modificata chirurgicamente e repressa dalla cosmesi e il suo carattere accumulato è falsificato? Quale danno etico si produce quando le facce invecchiate hanno scarsa visibilità? O quando esposte alla pubblica vista sono soltanto le facce depilate, truccate e rese telegeniche per garantire un prodotto? Oppure quelle non ritoccate che appaiono abbastanza miserande da commuovercisi sopra per un po'? ....
La mia faccia è l'Altro per tutti gli altri. Se non mostra più la sua vulnerabilità assoluta, allora le ragioni della pietas, l'esigenza di sincerità, la richiesta di risposte, sulle quali poggia la coesione sociale, hanno perduto la loro sorgente originaria."





mercoledì 18 settembre 2019

LA RIVOLUZIONE DEL CORPO

Non è difficile incontrare persone che lamentano dolori, disagi e umori altalenanti. 
Non è difficile incontrare persone che si trascinano all'interno di un'esistenza che non li soddisfa 
per abitudine o per paura.
Non è difficile incontrare persone demotivate, stanche, frustrate.
Il corpo è uno specchio fedele di questo generalizzato malessere.
Il corpo è il manifesto conclamato di questo generalizzato malessere.
Il corpo è il rivoluzionario ribelle in grado di urlare il suo disagio ai quattro venti 
per farsi sentire da chi,
 troppo impegnato a correre dietro alla propria vita, 
si è dimenticato di se stesso.
Stiamo male?
Bene. Per il nostro bene.
Continuiamo a far finta di niente?
Staremo sempre peggio,
finchè anche la mente vacillerà di fronte al dolore
e innalzerà bandiera bianca.
Nel blocco del corpo risiede la scelta.
La sopravvivenza a cui ci siamo abituati ormai da tempo
sta divenendo insostenibile.
Di fronte all'instabilità della natura
l'uomo,
barricato dietro alle sue certezze,
assiste attonito alla sua impotenza.
Solo un atto di umiltà
e un'apertura alla trasformazione 
lo renderanno libero dai castelli di cemento 
che ha costruito intorno a sè con indefessa inconsapevolezza.




martedì 10 settembre 2019

LA SINDROME DA NEGAZIONE

"Ciao, come stai?"
"Bene, grazie."

Osservo la persona che mi sta innanzi. Ha le spalle contratte e quella sinistra leggermente più bassa della destra. Il collo è leggermente inclinato a compensazione verso destra. Le gambe non stanno ferme e alternano l'appoggio da un piede all'altro segnalando un'irrequietezza di fondo e una postura scomposta. Le braccia si muovono continuamente, ma senza scioltezza: sembrano trattanute, come le dita delle mani contratte. Il suo viso mostra una mascella in tensione, l'incarnato è pallido come le labbra. Quel "bene grazie" acquisisce ai miei occhi una nota stonata. Non vi leggo la volontà intenzionale di celare un malessere, quanto  una mancanza di contatto con il proprio corpo.
Considerando che il nostro cervello è un integratore di stimoli corporei, interni e ambientali, intuisco non abbia sufficienti dati per portare alla coscienza lo stato di disagio.
Sì, perchè il corpo è importante: è il nostro prezioso intermediario tra esterno e interno. E' il corpo a filtrare le informazioni per primo e a determinare le attività della mente.
Purtroppo sempre più spesso mi accorgo di quanto il corpo ci sia diventato estraneo.
Credo sia questa l'origine di tanta inconsapevolezza e incoerenza.
Se mi dissocio dal corpo faccio fatica a non sottostare ai dettami di una mente fuori controllo e perdersi nel labirinto delle sue illusioni è un attimo. 
E' possibile tutto e il contrario di tutto. Quando dissociamo lo stare bene dal benessere corporeo, strettamente legato ai bisogni fisiologici indispensabili ad un corretto funzionamento dell'organismo, perdiamo capacità di discernimento e contatto con la realtà. Ci immergiamo in un mondo virtuale che prende forma dai nostri desideri e dalle nostre aspettative e cerca di integrarsi con i mondi virtuali con cui veniamo in contatto. La massa genera il conformismo e la forza del gruppo. Un gruppo di automi scollegati e autoinstallati dal sistema delle mode. Ahimè.







giovedì 13 giugno 2019

IL VALORE DELLA CONDIVISIONE

Qualche giorno fa ho proposto un semplice esercizio corporeo come spunto di osservazione e lavoro su se stessi, stimolato da un'intuizione che mi sta balenando in testa ultimamente.
Il post è stato letto da moltissime persone, molte hanno interagito, ma in tutto questo movimento è stato postato un unico commento nonostante avessi gentilmente chiesto un riscontro sulla pratica.
Oggi meditavo sul mondo della rete e sulle sue interazioni. 
Spesso si leggono critiche tese a evidenziarne l'approccio giudicante e aggressivo. Come se il fare gruppo avesse senso solo quando si deve fare fronte unito contro qualcosa, che sia un'ideale o un evento destabilizzante in grado di scatenare una reazione emotiva. 
"L'unione fa la forza"
Certo, ma a questa frase ne aggiungerei un'altra altrettanto significativa:
"La forza maturata dall'unione può essere costruttiva o distruttiva".
Ritengo sia molto importante meditare su questo punto. 
Costruire è sicuramente più faticoso che distruggere. Costruire richiede impegno, coraggio, forza di volontà, consapevolezza, tempo, pazienza, sacrificio ed energia. 
Per costruire bisogna mettersi in gioco e fare i conti con le proprie paure e fragilità. 
Per costruire è necessario svelarsi e lavorare con un intento superiore che trascenda la persona e sappia coinvolgere la comunità in un percorso di crescita condiviso.
Siamo ancora capaci di uno sforzo di questo tipo? 
Abbiamo il coraggio di abbandonare la sicurezza delle nostre posizioni estreme a favore del dialogo? 
Siamo in grado di uscire dal nostro bozzolo di egoismo?
Cosa ci fa così paura da immobilizzarci in una continua lotta per la sopravvivenza?
Che utilizzo facciamo del nostro potere personale?
Stiamo costruendo o distruggendo?
Che utilizzo facciamo delle nostre parole, dei nostri gesti, delle nostre azioni?

Non so se qualcuno ha provato a praticare l'esercizio oltre a leggerne il testo.  Mi sarebbe piaciuto avere dei riscontri per fare delle riflessioni condivise. Ogni esercizio rappresenta semplicemente un passo nel percorso verso la consapevolezza e non esistono passi che ciascuno di noi non debba affrontare, prima o poi. La rete che si crea quando un gruppo si muove in armonia è uno strumento di crescita meraviglioso. Chi ha sperimentato maggiormente cresce donando quanto ha imparato e chi si predispone alla pratica con l'umiltà di imparare cresce a sua volta determinando la crescita di chi lo precede.
Con una mente così tenacemente ancorata ai suoi schemi, il lavoro sul corpo è prezioso. Ci aiuta a conoscerci, ad aprirci, a trovare equilibrio e consapevolezza.
Osho in "The Great Challenge" scrive:
Forze di alte sfere sono presenti ovunque, in ogni momento.
In questo preciso istante  tu sei circondato da forze di alte sfere e forze di basse sfere.
Ma tu sei aperto, ricettivo solo alle forze più basse.
E puoi essere aperto alle une o alle altre,
non puoi essere aperto a entrambe, contemporaneamente."









martedì 11 giugno 2019

ESERCITANDOSI CON CONSAPEVOLEZZA

Oggi propongo una serie di tre posizioni da sperimentare 
e vi sarei grata se poteste darmi riscontro sulle percezioni corporee 
che il praticarle scatena in voi: 


Sto portando avanti un nuovo lavoro di ricerca aperto a chiunque voglia collaborare.
Namastè






sabato 8 giugno 2019

LA FRETTA NEL CORPO

Quando la mente è molto attiva, ci sentiamo tesi e agitati. Il corpo vive di riflesso lo stimolo a fare qualcosa senza sapere cosa fare. Questo capita ad esempio quando attendiamo gli sviluppi di una situazione molto importante per noi. Non possiamo che attenderli, ma allo stesso tempo vorremmo che la matassa si sbrogliasse nel minor tempo possibile per poterci muovere nuovamente. Inconsapevolmente attribuiamo a quella situazione il potere di determinare la nostra vita e questo ci crea disagio e tensione. 
Sono le situazioni che determinano in noi instabilità a farci soffrire: quelle foriere di cambiamenti inattesi, svolte di vita, decisioni importanti. Queste situazioni creano una sorta di immobilità nella nostra quotidianità e spesso ci portano ad uno stallo che mal tolleriamo e istintivamente cerchiamo di sfondare invece di farne tesoro.
Se qualcosa si ferma, vorremmo subito rimetterelo in moto. Non sapendo come fare diventiamo elettrici cercando di controllare il frenetico andirivieni di pensieri incontrollati e preoccupazioni.
Non sappiamo più rallentare e questo rende le soste sul percorso fonte di grande frustrazione. Abbiamo collegato al movimento la nostra realizzazione (chi si ferma è perduto), senza renderci conto che un movimento non sostenuto da un intento preciso è una perdita di energie oltre che di tempo. 
Perchè perdere tempo ci spaventa tanto? Dove corriamo sempre?
Se mi guardo intorno mi sembra di vedere tanti fantasmi correre dietro a delle immagini cartonate nel tentativo di raggiungerle. Questa fotografia è buffa nella sua drammaticità.
Dobbiamo sentirci qualcuno per stare bene e questo atteggiamento ha condizionato gli estremismi che si sono venuti a creare intorno a noi. Sei con o contro di me. E' morto il dialogo e con lui sono defunte l'unicità e l'accettazione.
I cartonati, d'altra parte, sono immagini stampate e il fantasma che li segue è solo un fantasma.
Forse dovremmo fermarci tutti. Guardare il fantasma di noi stessi e il cartonato che stiamo freneticamente inseguendo. E farci i conti. E stare malissimo. E vivere il dolore fino in fondo. 
Per rinascere in un corpo senza fretta.







martedì 7 maggio 2019

UN CORPO SEMPRE SVEGLIO

Avete presente lo stato di agitazione che corrisponde alle preoccupazioni? 
Quello che non ci permette di rilassarci, di dormire, di staccare la spina neanche per qualche ora?

Oggi ci pensavo. Ma l'immagine che ne è scaturita è buffa e allo stesso tempo spunto di riflessione. Ho visualizzato il mio corpo disteso sul letto in cerca di sonno. E all'interno della scatola cranica ho osservato la mia mente fare zumba. Gli occhi spalancati per i movimenti del cervello in iperattività e il corpo irrigidito da uno stato di tensione generale. Il mio corpo ha iniziato a rigirarsi frenetico alla ricerca di uno spazio di silenzio mentre la musica della zumba cresceva a dismisura.
Il cuore ha iniziato a battere al ritmo della musica e l'agitazione ha preso il sopravvento. Il cuore ha chiesto aiuto ai polmoni:"Respirate profondamente vi prego o balzo fuori dal petto!" e i polmoni hanno chiesto alla mente un ordine preciso per ossigenare il corpo senza sottostare ai ritmi frenetici della zumba. La mente si è fatta una sonora risata e ha continuato a zampettare da un pensiero all'altro. La situazione si faceva complicata e ho visto il mio corpo sfinito alzare la bandierina della resa incondizionata.
Questo accade generalmente quando lo stress arriva a livelli troppo alti. Ci sentiamo sempre più stanchi, privi di energia e impotenti. Vorremmo riposare, ma non ci riusciamo perchè la zumba incombe sulle nostre teste. 
Se non prendiamo provvedimenti, rischiamo un esaurimento.
Quali sono i provvedimenti? Bella domanda.
Ho lasciato rispondere il mio corpo. La tensione si scioglie con il movimento, un movimento lento e graduale supportato da una respirazione profonda. Il qi gong che suggerisco nel libro " IL RITMO DEL CORPO " può essere un'ottima opportunità. Anche una passeggiata all'aria aperta lo è, sempre che si riesca a immergersi in essa con totalità e non si cammini come degli automi rincorrendo i pensieri che continuano a danzare. Lo yoga e la meditazione sono altre opzioni sempre che si pratichino da tempo: è impossibile impararle sotto stress senza aumentare esponenzialmente la propria frustrazione.
Sento in sottofondo un brusio sommesso... "E dove lo trovo il tempo?"
A questa domanda rispondo semplicemente "C'è qualcosa di più importante della salute?".
Questione di priorità.





venerdì 26 aprile 2019

IL CORPO E GLI STRAPAZZI

Il nostro corpo è paziente e flessibile. Si allarga fiducioso con i nostri strapazzi  e si stringe oltre ogni limite in seguito a diete allucinanti. La sua proverbiale pazienza resiste alla nostra mancanza di rispetto nei suoi confronti fino al cedimento strutturale. Il corpo ci lancia qualche educato segnale nel frattempo e a seguito della nostra noncuranza azzarda qualche dardo infuocato per attirare la nostra attenzione. Spesso senza ottenere alcun risultato. Al che si rompe anche lui, in tutti i sensi.
Abbiamo dimenticato la priorità del rispetto verso noi stessi, il nostro corpo, gli altri.
E in un mondo di strapazzi, di dardi infuocati e di parole a vanvera assistiamo inerti alla graduale distruzione della bellezza.

Oggi post polemico. Permettetemelo. Ogni tanto devo dar voce alla tristezza.






mercoledì 24 aprile 2019

TRA TERRA E CIELO

Oscillo tra terra e cielo
cercando equilibrio.
I piedi si trasformano in solide radici
mentre il cuore vola leggero
verso orizzonti inesplorati.
Le aspirazioni dell'anima 
incontrano il corpo
nella riscoperta della bellezza in tutte le sue forme.
L'azione ondeggia tra alto e basso
ritrovando nel centro la sua manifestazione.
Un centro terreno
con ali di luce.





domenica 14 aprile 2019

LA RABBIA NEL CORPO

Ascolto il mio corpo arrabbiato.
I muscoli sono tesi e la mente è inquieta.
La rigidità che avverto
contrasta con il movimento dei miei pensieri 
che girano vorticosamente senza tregua.
Mi sento compresso e pronto a esplodere.
Trattengo il sentire, lo congelo.
Non risolvo il disagio.
Il respiro è corto, a tratti in apnea.
Difficile aprirsi all'aria 
tenendo tutto sotto controllo,
a parte la mente
che fa quel che vuole anche se non voglio.
Devo sforzarmi di respirare.
All'inizio è faticoso,
il mio corpo fa resistenza.
O sono io a far resistenza per paura di perdere il controllo?
Mi concentro sul respiro, mi perdo, ci riprovo.
La tensione allenta la presa e la mente rallenta i suoi giri.
Inspiro ed espiro.
Mi muovo verso il centro e recupero oggettività.
Vedo.
Prendo atto.
Accolgo.
La rabbia nasce fuori di me,
ma si nasconde in me.



Foto Donatella Coda Zabetta





martedì 19 febbraio 2019

QUANDO LA VITA TI FA LO SGAMBETTO

Quando la vita ti fa lo sgambetto, cadi. Ti fai male. Prendi tempo. Analizzi i danni. Curi quanto è possibile curare e accetti quanto non puoi trasformare. Lo accogli e ne fai un punto di partenza. Il percorso può cambiare radicalmente dopo uno sgambetto. Anche i passi con i quali percorrerai il cammino cambieranno: saranno più attenti, esperti. Fino al prossimo inaspettato sgambetto.
Perchè la vita si diverte a farci cadere? Per un sacco di motivi.
A volte non siamo capaci di fermarci da soli. Altre volte non sappiamo perdere. Atre ancora non siamo in grado di rialzarci o di trasformare il vissuto, lasciando andare i nostri porti sicuri.
Per crescere dobbiamo imparare un sacco di cose e, a volte, ci servono proprio un sacco di buoni motivi per farlo. Nulla per caso, neanche gli sgambetti.



Ralph- Foto Donatella Coda Zabetta

martedì 12 febbraio 2019

A PASSI LIEVI SULLA NEVE

Avete mai provato a camminare sulla neve fresca dopo un'abbondante nevicata? In superficie si forma un piccolo strato ghiacciato, ma quando questo si rompe, la gamba affonda facilmente fino al polpaccio.
Stamattina, pensando ad un post, mi è arrivata questa immagine e ho subito pensato alla leggerezza e di rimando alla vita. Quando viviamo con leggerezza, nulla ci appartiene veramente e possiamo godere della bellezza del viaggio. Quando viviamo cercando sicurezza ad ogni passo, affondiamo, ci areniamo e con grande fatica riusciamo a compiere un nuovo passo.
Il percorso non cambia, ma varia il nostro modo di affrontarlo.





domenica 3 febbraio 2019

FARE UN PASSO

Sono fermo. 
Mi guardo intorno e potrei fare mille cose.
Prendo consapevolezza del mio stare.
Colgo in esso i semi dell'abitudine.
Ascolto in me il germe dell'insoddisfazione e della paura.
Paura a rimettermi in gioco, a fare salti in territori inesplorati.
La paura mi frena e mi zavorra.
Sono fermo.
Vorrei cambiare, ma ho paura
a scommettere su di me.
Fermi si sta comodi,
ci si lascia vivere nel proprio bozzolo di stabilità.
Si sopravvive osservando il movimento del mondo.
Un mondo che rotola, gira, cade, si rialza, affonda senza sosta.
Sono fermo
e a forza di guardare il mondo che gira,
mi gira la testa.
Meglio stare fermi e accontentarsi.
Niente scossoni, niente rischi.
"E tutta la vita gira infinita
senza un perchè..."





"LEI PENSA CHE IL MONDO NON SIA SOLO QUESTO"

martedì 29 gennaio 2019

L'ABITUDINE ALLA MEDIOCRITA'

Stare in piedi è qualcosa che facciamo abitualmente,
senza pensarci.
Non ci soffermiamo a sentire il corpo e le sue tensioni,
la sua stabilità e le sue insicurezze.
Allo stesso modo affrontiamo la vita
stando in piedi per abitudine
recuperando l'equilibrio automaticamente
e muovendoci in fretta.
Rallentare è difficile perchè se lo facessimo
potremmo renderci conto che
non siamo più capaci di stare a piedi uniti
o di compiere anche solo un piccolo passo lentamente.
Saltiamo da un posto all'altro senza fermarci
per non sentire, per non ascoltare
che a volte il terreno ci manca da sotto i piedi
 e che a volte non sappiamo bene dove andare.
L'abitudine alla mediocrità
è la più grande illusione di stabilità
a cui possiamo tendere.

www.ildiamantearcobaleno.com


Foto Donatella Coda Zabetta
Reggia di Venaria Reale



martedì 22 gennaio 2019

CORPI PIETRIFICATI

Corpi pietrificati
si muovono frenetici
inconsapevoli di loro stessi.
Si appesantiscono,
si ancorano ai loro posti sicuri
li difendono da altri corpi sempre più ingombranti.
Lo spazio è potere
e il tempo è denaro.
La massificazione delle coscienze
in un informe delirio collettivo
si inalbera.
Le maglie dell'antica rete
si spezzano, si sfilacciano, si disgregano
creando vuoti d'anima.
Corpi pietrificati
si muovono frenetici
inconsapevoli di loro stessi.




sabato 12 gennaio 2019

UNA SANA RISATA

Mi ascolto:
c'è poco spazio per la leggerezza in me.
Mi guardo intorno:
vedo la stessa serietà nei tanti volti che quotidianamento incontro.
Raramente si osservano sorrisi,
si ode il fragrore di una sana risata,
di quelle da lacrime agli occhi, contagiose.
Il nostro corpo ha fatto della tensione il suo abito in bianco e nero,
della rigidità il suo cappello a strisce.
Nei nostri passi affrettati non ci sono sfumature di colore,
nei nostri comportamenti e nelle nostre corazze 
ci sono spine.
Si sono perse le rose.
Anche i bambini hanno smesso di ridere di gusto con l'età:
la serietà del mondo adulto mette le sue radici precocemente.
E quando osservi il sorriso sdentato di un neonato
gli occhi ricordano quello che la bocca ha dimenticato
e ti perdi in esso.
Ti lasci andare alla bellezza del cuore,
pronunci paroline dolci e ricambi quel sorriso.
E' un attimo.
Un attimo di libertà.
Ti rendi conto che,
 camminando nella vita,
ti sei rinchiuso in una prigione di serietà, giudizi, controllo.
Hai le chiavi in tasca,
ma hai paura ad aprire la porta della tua prigione
perchè potresti ridere a crepapelle,
ma anche piangere senza smettere mai.
Hai le chiavi in tasca
e il terrore di essere libero.








lunedì 7 gennaio 2019

IL CORPO

Ascolto il mio corpo.
La sua stanchezza e la sua forza
in equilibrio.
Imparo a fermarmi.
Ascolto il mio corpo.
La sua pesantezza e la sua energia
in equilibrio.
Imparo ad alimentarmi.
Ascolto il mio corpo.
Il suo bisogno di contatto.
Imparo ad accogliere e donare amore.
Ascolto il mio corpo.
Lui mi parla di me.
Imparo a conoscermi.