sabato 31 dicembre 2016

CHE IL 2017 PORTI ...

A tutti quelli che continuano a camminare nonostante le difficoltà 
e a tutti quelli che si sono persi per strada,
a tutti quelli che hanno scelto di cambiare se stessi 
e a tutti quelli che vogliono cambiare gli altri
a tutti quelli che pensano quello che fanno e dicono quello che pensano
e a tutti gli altri
a tutti quelli che amano 
e a tutti quelli che pensano di amare
 a tutti quelli che si accontentano di quello che hanno 
e a tutti quelli che niente è mai abbastanza
 a tutti quelli che vivono il presente 
a tutti quelli che ripetono il passato o programmano il futuro
a tutti quelli che la trasformazione è crescita 
e a tutti quelli che preferiscono l'immobilità
a tutti quelli che hanno il coraggio di cambiare
e a tutti quelli che hanno paura a farlo
a tutti quelli che sanno vedere
a tutti quelli che vedono solo se stessi
 a tutti quelli che sono capaci di tornare bambini  
e a tutti quelli che sono troppo seri per farlo 
a tutti quelli che amano gli animali 
e a tutti quelli che non sanno cosa si perdono
a tutti quelli che stanno bene nella natura 
e a tutti quelli che senza centri commerciali non respirano
a tutti quelli che alla tristezza segue la gioia 
e a tutti quelli che è solo e sempre buio
a tutti quelli che sanno scegliere 
e a tutti quelli che non sanno più farlo
a tutti quelli che volano con la fantasia  
e a tutti quelli che uno più uno può solo far due
a tutti quelli che hanno il coraggio di ascoltarsi e di guardare alle cose cambiando prospettiva
 a tutti quelli che ci stanno provando o ci proveranno
e a tutti quelli che non hanno la forza per farlo

che il 2017

porti terra ove mettere radici,
 acqua per dissetarsi,
fuoco per scaldarsi,
 aria per respirare,
e tanta Luce nel cuore!

Donatella


venerdì 30 dicembre 2016

LA PESANTEZZA DEL CORPO

Il Natale porta con sè la gioia del ritrovarsi insieme e della condivisione. Esso è occasione di lunghi e luculliani pasti dai quali si riemerge appesantiti. Ci si muove poco e si mangia e si beve più del solito, tanto che spesso si salta il pasto successivo per compensazione.
Il corpo risente del cambiamento di ritmo e si ritrova a fare i conti con un'alimentazione eccessiva. Senso di pesantezza, spossatezza, mal di testa, nausee, acidità di stomaco, gambe gonfie e lombalgie, spesso accompagnano il post baldoria.
Ci si sente come palloncini gonfi che stentano a decollare. E osservando svanire il piacere goduto della buona tavola, ci si ritrova a fare i conti con i chili guadagnati e con la stanchezza.
L'appesantimento del corpo non stimola il movimento e si finisce piallati sul divano a spilluzzicare i cioccolatini avanzati per non pensarci.
E poco per volta non ci piacciamo più. Fatichiamo a rilassarci veramente e dormiamo male. E questo corpo sempre più tondetto si trasforma in un'ancora che ci trasciniamo dietro a fatica, tanto da convincerci a iniziare, con le migliori intenzioni, la dieta del salta i pasti o rendili invisibili e insapori il più possibile.
Scivoliamo da un estremo all'altro. O troppo o troppo poco. Ci siamo persi la via di mezzo.
Respiriamo profondamente e ritroviamo nel corpo un alleato: portiamolo a passeggio e pratichiamo i 5 esercizi de IL RITMO DEL CORPO invece di costringerlo all'immobilità;  non puniamolo con diete ferree, ma ritroviamo ritmo ed equilibrio anche nell'alimentazione. 
L'umore è pessimo? Portiamo pazienza, perdoniamoci le trasgressioni (tanto quello che si è mangiato non evapora) e coccoliamoci nel tondo è bello finchè dura. In fondo un lato postivo ci sarà ... in effetti, si rotola meglio ;-)


giovedì 22 dicembre 2016

LA STANCHEZZA NEL CORPO

Ci sono periodi in cui si tende a ricercare la leggerezza di attività che richiedono poca concentrazione: sono i periodi in cui si ha voglia di fare poco o niente in quanto ci si sente demotivati e scarichi.
L'immobilità di questi periodi può apparire come un blocco e creare tensione e preoccupazione in noi. Accogliere la staticità ci porta a fare i conti con la nostra mancanza di energie e non ci piace affatto.
Assuefatti all'idea che la produttività sia vita, il riposo forzato a cui ci costringe il corpo ci appare quasi sempre come una perdita di tempo prezioso.
Ho imparato con il tempo a riconoscere questi periodi e a farne tesoro. 
Quando affrontiamo periodi faticosi, di scelta e di dolore, richiediamo al nostro corpo moltissima energia e quando ne usciamo ci troviamo inevitabilmente a fare i conti con la stanchezza e la spossatezza che ne derivano. 
Il corpo, saggiamente, ci rimanda la necessità del riposo per potersi ricaricare e poter allo stesso tempo interiorizzare le esperienze fatte.
Quando focalizziamo le nostre energie all'esterno, il lavoro interiore è ridotto; al contrario, quando il nostro corpo ci induce al riposo, il lavoro interiore è intenso. Il cambio di rotta, esterno/interno, solitamemnte genera una grande confusione profondamente terapeutica. Se noi sapessimo chiaramente cosa fare e dove andare, molto probabilmente, trascureremmo i segnali del corpo e continueremmo a dirigere l'attenzione all'esterno evitando l'elaborazione dei passaggi fatti.
La confusione e il senso di smarrimento ci portano invece a stare fermi per favorire il passaggio di interiorizzazione. All'inizio le nostre resistenze al processo saranno intense e si manifesteranno come disagio fisico: mal di schiena, rigidità, tensione, mal di testa, difficoltà di digestione ...
Con la nostra resa, il corpo si rilasserà nel dolce far niente. 
Pazienza e accettazione porteranno con sè chiarezza e forza per prepararci ad affrontare una nuova avventura.




lunedì 19 dicembre 2016

LA DANZA DELLA NEVE

Durante l'inverno siamo più statici e il freddo esterno porta maggior tensione e rigidità nel corpo. 
I mal di schiena, le lombalgie e le cervicalgie tornano a farsi sentire e l'immobilità ne acuisce l'impatto. 
Osservando la neve, la sua leggerezza e le sue mutevoli forme non ho potuto fare a meno di pensare quanto fosse speciale la danza dei bianchi fiocchi nel cielo.
Proprio da questa osservazione è nata l'idea di proporvi la danza della neve. 
Potete accompagnare i movimenti con la musica che più vi piace o semplicemente con il silenzio. Quando la colonna sonora è pronta, fate tre profondi respiri, rilassate il corpo, prestando particolare attenzione alle tensioni che vi rimanda e lasciatevi andare alla danza. Rigidità e contratture manifestano un blocco energetico: il movimento è il modo migliore per scioglierlo; focalizzate, dunque, l'attenzione sul disagio e danzateci dentro!
Leggerezza e flessibilità vi siano compagne, fiocchi di neve in movimento!



mercoledì 14 dicembre 2016

IL FREDDO NATALIZIO

In questi giorni fa particolarmente freddo. Dalle mie parti a far compagnia al freddo c'è la nebbia, ragion per cui le persone escono di casa coperte di tutto punto con giacconi pesanti, cappellini di lana, sciarpe e guanti. Una tale zavorra fa da contrasto alle corse e alla fretta che caratterizzano i giorni prenatalizi.
L' inverno ormai alle porte è un invito all'introspezione e ad una vita più ritirata e tranquilla, ma, come sempre più spesso accade, le esigenze fisiologiche del nostro corpo vengono ignorate a favore delle innumerevoli incombenze che il Natale consumistico porta con sè.
E così, l'orda dei "frenetici pinguini" imbaccuccati sciama da un negozio all'altro riempiendo vie e locali, come fosse telecomandata da un imperativo superego teso a rinnovare, momento dopo momento, l'immagine del Natale con tanto di alberi addobbati, presepi, regali, pranzi e i famigerati ritrovi familiari.
Non ci si vede nè ci si sente per mesi, ma a Natale è d'obbligo unire l'accozzaglia del parentado indossando il sorriso e calibrando le solite frasi di circostanza alla bisogna : "Come ti trovo bene! Non sei invecchiato affatto! Che splendido vestito! Che magnifico regalo! ...".
E il freddo oltre che fuori dalla finestra, lo ritroviamo nei cuori dei partecipanti alla grande sagra "A Natale puoi ... essere come non sei stato mai!". 
Nel corso dell'anno facciamo il possibile per svicolare dal parente invadente, da quello curioso, da quello giudicante, mantenendo la nostra integrità, e poi a Natale scivoliamo brutalmente sulla buccia di banana dell'educazione conformandoci ai "si deve e non si deve fare" e soccombendo alle maschere, ai non detti, ai sorrisi forzati e al respiro corto. ("In fondo è solo un giorno, ce la posso fare !"- Certo che sì, se dimentichiamo il prepartita delle 3 settimane precedenti con le sue corse e la sua frenesia e il recupero post partita!).
E così da "pinguini imbaccuccati" ci trasformiamo in "pinguini congelati". Le nostre ossa scricchiolano, le cervicalgie e le lombosciatalgie imperano e fanno da corollario a nausee, mal di stomaco e cefalee.
Poi siamo bravi a raccontarcela e giustifichiamo immediatamente i malesseri con le frasi "post circostanza": "Stare seduti tante ore a tavola è faticoso, ho mangiato troppo,  forse ho esagerato con lo spumante ...".
Il coraggio di ascoltarsi a Natale è latitante: è scappato dagli Elfi al Polo Nord a farsi due risate osservando da lontano il teatrino dell'umano natalizio due punto zero sedici. 
Babbo Natale ha un bel da fare a dispensar libri sotto l'albero in ogni casa. Gli Elfi propongono per il prossimo anno di allegare le istruzioni per l'uso. Chissà. ;-)




sabato 10 dicembre 2016

AGGRESSIVITA'

Estratto da "La voce del corpo di Lowen ":

L'aggressività, nell'adulto, è direttamente connessa con la funzione delle gambe poichè ci fanno muovere verso le cose che desideriamo. Se la motilità delle gambe di una persona è diminuita, la sua aggressività è ridotta. Potrà compensare questa mancanza con una iperaggressività nella parte superiore del corpo: incapace di muoversi efficacemente, userà la voce (gridando o urlando) per ottenere ciò che vuole. Questo comportamento, regressivo fino a un livello infantile, può ingannare solo le persone incapaci di distinguere la pseudoaggressività, che è compensatoria, dalla vera aggressività. La differenza consiste nel fatto che l'aggressività naturale scorre in modo armonioso e facilmente, mentre le azioni pseudoaggressive sono rigide e forzate.



Come sempre Lowen offre interessanti spunti di riflessione. Se ci guardiamo intorno con attenzione, possiamo notare facilmente quanto l'attitudine a muovere la parte superiore del corpo e la lingua in particolare (!) sia diffusa. 
Quando l'aggressività è vissuta in modo naturale, essa scorre, si attenua e si scioglie attraverso il movimento del corpo 
L'aggressività trattenuta o rifiutata si trasforma, al contrario, in blocco e rigidità scatenando comportamenti compensatori tesi a mitigare il disagio (qualche urlo, una presa di posizione particolarmente ostinata ...). 
Lowen ci ricorda che le gambe ci fanno muovere verso le cose che desideriamo (personalmente preferisco scrivere che le gambe ci permettono di muoverci nella direzione che sentiamo appartenerci) : se sono bloccate e picchettate non solo l'aggressività sarà ridotta, ma tutta la nostra esistenza ne subirà gli effetti.
L'osservazione e l'ascolto del corpo risultano, una volta ancora, strumenti importanti per conoscersi e crescere.

mercoledì 7 dicembre 2016

VOLONTA' DI VIVERE E VOGLIA DI MORIRE


"Più una persona è viva e più sentirà. E se i sentimenti che prova sono di profonda, intollerabile disperazione o di intenso, insopportabile dolore, farà il possibile per evitare di entrare in contatto con essi, ovverò non respirerà profondamente in modo da non sentire troppo.
...
Una forte volontà di vivere implica una forte voglia di morire, altrimenti come spiegare una volontà così forte? Diventa chiaro (..) perchè una forte volontà di vivere sia una resistenza. La persona ha paura ad abbandonare la propria volontà perchè si oppone alla voglia di morire.
...
Le persone nelle quali la volontà di vivere è forte si possono dire sopravvissute. Sono caratterizzate da notevoli rigidità, da una mandibola rigida e ostinata, spesso feroce, o da entrambe le cose. Possono sopravvivere, ma non trovare appagamento poichè la loro energia è totalmente impegnata a sopravvivere. In effetti rimangono al livello del dolore e della disperazione  che caratterizzano il trauma originario e le condussero alla voglia di morire. In altre parole la voglia di morire è costantemente rinforzata dalla mancanza di appagamento personale (amore) dovuta alla preoccupazione di sopravvivere. Questo significa che un paziente deve arrendersi alla sua volontà di vivere in modo da sperimentare la sua voglia di morire, attraversarla  ed entrare in contatto con la sua forza vitale, il suo vero nucleo: l'impulso a respirare."



Ieri sera, dopo aver letto queste riflessioni di Lowen, è riemerso in me un ricordo. A quattordici anni vissi una profonda e dolorosa crisi esistenziale. All'epoca mi ero convinta che se mi fossi concentrata troppo sul respiro ne sarei morta e avrei smesso di respirare: questo accadeva in particolar modo quando stavo per addormentarmi. La stranezza del mio comportamento risiedeva nel fatto che nutrivo l'intima convinzione che il respiro fosse una porta importante per me e ne ero allo stesso tempo attratta e terrorizzata. Fu un periodo di blocco e di grande dolore, che si sciolse gradatamente quando mi avvicinai alla pratica meditativa e sperimentai la bellezza del perdersi nel respiro. Questa apertura mi donò gli strumenti per entrare sempre più in contatto con il trauma che vincolava la mia forza vitale e attraversarlo. Proprio in questi mesi ne sono venuta a capo, dopo più di 30 anni di percorso durante i quali la volontà di vivere mi ha sostenuto e donato l'energia per la sopravvivenza e un intenso lavoro di ricerca interiore. Sono stati anni impegnativi che hanno visto la mia ricerca dispiegarsi giorno dopo giorno. Ad avermi aiutato è stato senz'altro il coraggio di non arrendermi, la pazienza, la perseveranza, l'alta soglia di sopportazione del dolore e la fede. Un'incrollabile e persistente fiducia sul fatto che ogni singolo evento avesse un significato. Le facoltà paranormali mi sono state di grande aiuto nei momenti più bui e dolorosi e mi hanno sermpre permesso di raggiungere una visione oggettiva lasciando spazio al cuore e salvandomi dal labirinto mentale.  
Oggi so quanto sia importante l'esperienza personale alla comprensione e non posso che provare gratitudine per la ricchezza di situazioni che ha caratterizzato la mia vita e l'ha resa utile.
La scrittura è il mio modo di costruire ponti verso la consapevolezza e la comprensione perchè tornare a respirare per aprirsi alla vita è sempre possibile e, soprattutto, non è mai troppo tardi per farlo.

 www.ildiamantearcobaleno.com

#Lowen #meditazione #respiro 

venerdì 2 dicembre 2016

SONO CAPACE DI DIRE "NO"?

Lowen nel suo libro "La voce del corpo" scrive: 

Qualcuno mi ha chiesto: "Che dire delle persone che dicono "no" e non sono capaci di dire "sì"? Non si dovrebbe poter anche dire di sì?"  Io ritengo che una persona non possa assentire davvero se non è capace di dire "no".  Mancando tale capacità, un assenso è solo una forma di sottomissione e non l'espressione di un individuo che ha libertà di scelta. La persona che non è capace di dire "sì" ha paura di impegnarsi perchè è insicura della propria mente; conoscere la propria mente vuol dire tenere da conto il proprio "no". 
"No" è un'espressione di opposizione che costituisce la pietra miliare  dell'individualità. Il bambino che si oppone ai genitori sta dicendo "Io sono io, sono diverso, ho la mia testa". Un tale bambino imparerà a pensare per sè, mentre quello "bravo" e obbediente sacrifica la propria individualità e perde la capacità di pensare per sè."



Bel cambio di prospettiva quello di Lowen, se guardiamo alla nostra situazione presente e riflettiamo sulla nostra capacità di esprimere il sentire. 
Aggiungerei a queste parole l'osservazione del corpo.  
Ci siamo mai osservati quando dobbiamo esprimere un "sì" o un "no"? 
Quante volte possiamo riscontrare incoerenza tra sentimento, pensiero e parole?
L'incoerenza del picchetto mascherato che per velare il sentire lo congela assumendo un'espressione di circostanza. Vedo già il fuoco bruciare all'interno del picchetto, le mani stringersi a pugno, i muscoli tendersi nello sforzo richiesto dal controllo e il sorriso plastico stampato in viso.
Gente strana noi umani: parliamo tanto per non sentire e sentiamo poco per non vedere.