Lowen nel suo libro "La voce del corpo" scrive:
Qualcuno mi ha chiesto: "Che dire delle persone che dicono "no" e non sono capaci di dire "sì"? Non si dovrebbe poter anche dire di sì?" Io ritengo che una persona non possa assentire davvero se non è capace di dire "no". Mancando tale capacità, un assenso è solo una forma di sottomissione e non l'espressione di un individuo che ha libertà di scelta. La persona che non è capace di dire "sì" ha paura di impegnarsi perchè è insicura della propria mente; conoscere la propria mente vuol dire tenere da conto il proprio "no".
"No" è un'espressione di opposizione che costituisce la pietra miliare dell'individualità. Il bambino che si oppone ai genitori sta dicendo "Io sono io, sono diverso, ho la mia testa". Un tale bambino imparerà a pensare per sè, mentre quello "bravo" e obbediente sacrifica la propria individualità e perde la capacità di pensare per sè."
Bel cambio di prospettiva quello di Lowen, se guardiamo alla nostra situazione presente e riflettiamo sulla nostra capacità di esprimere il sentire.
Aggiungerei a queste parole l'osservazione del corpo.
Ci siamo mai osservati quando dobbiamo esprimere un "sì" o un "no"?
Quante volte possiamo riscontrare incoerenza tra sentimento, pensiero e parole?
L'incoerenza del picchetto mascherato che per velare il sentire lo congela assumendo un'espressione di circostanza. Vedo già il fuoco bruciare all'interno del picchetto, le mani stringersi a pugno, i muscoli tendersi nello sforzo richiesto dal controllo e il sorriso plastico stampato in viso.
Gente strana noi umani: parliamo tanto per non sentire e sentiamo poco per non vedere.
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