lunedì 28 novembre 2016

E TU CHIAMALE, SE VUOI, EMOZIONI ...

Lowen nel suo libro "La voce del corpo" scrive: 

"La parola emozione è composta dal prefisso "e" e dalla radice "mozione". Emozione significa muoversi verso l'esterno: un disturbo emotivo consiste nell'incapacità di muoversi verso le persone e il mondo. Per definizione si può dire che i conflitti emotivi distorcono o limitano la motilità del corpo e impediscono il movimento verso l'esterno. Analogamente, ogni disturbo che limita la capacità di un organismo di muoversi verso l'esterno denota un conflitto emotivo, perciò è possibile determinare i conflitti emotivi in una persona in base al modo in cui si muove."

Questa riflessione definisce chiaramente l'intuizione che ha diretto la stesura de "IL RITMO DEL CORPO" (IL RITMO DEL CORPO). Il libro si propone, infatti,  l'intento di svelare i conflitti emotivi insiti in determinate posture e movimenti del corpo attraverso la pratica di 5 esercizi molto semplici ed accessibili, ispirati al qi gong daoyin. 
Lowen diversifica la qualità del movimento in spontaneità e controllo. La spontaneità è una funzione dell'espressione di sè che specchia con naturalezza le emozioni interiori. Il controllo rappresenta la limitazione dell'Io alla spontaneità per rendere l'azione più efficace: la motilità spontanea viene incanalata e integrata. Un sano controllo dell'Io non diminuisce la spontaneità, ma favorisce la coordinazione ed evidenzia l'integrazione tra sentire e movimento del corpo. 
Lowen definisce il disturbo emotivo come una perdita di spontaneità  o una mancanza di controllo da parte dell'Io o entrambe le cose. Possiamo, osservando le persone, riconoscere questa distinzione.
Quando la rigidità e la tensione dirigono i movimenti, i freni dell'Io sono troppo severi.
Quando l'impulsività e la reazione determinano l'agire, il controllo dell'Io è troppo debole.
Entrambe le caratteristiche del movimento specchiano dinamiche interiori precise e segnalano un disagio. Ambedue le possibilità non lasciano spazio alla spontaneità.
Se partiamo da questi presupposti, è semplice comprendere l'imperare di immagini di noi stessi a celare paure e debolezze irrisolte.
Assistiamo continuamente a grandi messe in scena di attori protagonisti e ad atti inconsulti di chi si è perso per strada il controllo dell'Io.
Il dono della sintesi è sempre più raro e prezioso. Un dono che ognuno di noi dovrebbe riscoprire per rispetto ed amore verso se stesso.

Donatella







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