giovedì 25 novembre 2021

FERITE DI LUNGO CORSO

 Le ferite di lungo corso sono le cicatrici che rimangono incollate al nostro corpo.
Esse hanno smesso di sanguinare o di infettarsi, ma permangono silenti a segnare il nostro percorso.
I corpi maschili hanno ferite di guerra,
i corpi femminili portano con sé ferite d'amore.
I corpi maschili hanno combattuto attivamente contro altri uomini,
i corpi femminili hanno subito passivamente gli amori malati del maschile.
Alla base di entrambe le ferite: il potere.
Un potere che sfocia nella bramosia di un'illusione: il controllo.
Un controllo che annulla la responsabilità e la disperde nel pensiero delirante dell'io.

Ognuno di noi porta con sé cicatrici profonde.
Ferite dolorose, taciute o messe a tacere.
Il nostro corpo lo sa e le ricorda.
Ogni giorno quando ci alziamo dal letto, 
quando muoviamo i nostri passi e quando ci relazioniamo con gli altri,
quelle cicatrici sono parte di noi e segnano schemi, parole e pensieri.
Le memorie cellulari permangono e controllano il nostro agire.
Il processo di guarigione deve attraversare il corpo
per potersi manifestare.

Con la consapevolezza torniamo ad ascoltare il corpo 
e a rivivere quelle ferite con il distacco donatoci dal tempo.
Con amore accogliamo l'urlo di dolore del nostro corpo
e cerchiamo di lenirlo prendendocene cura.
Tocca a noi farlo
se vogliamo guarire noi stessi e la realtà di cui siamo parte.
Solo riponendo nel fodero la spada che ci ha lacerato la carne
possiamo incamminarci liberi verso sentieri inesplorati.





lunedì 18 ottobre 2021

MI MUOVO TRA LA FOLLA

 Mi muovo tra la folla: percepisco il mio corpo e il suo spazio ristretto. Il battito del mio cuore è attutito dal brusio di sottofondo e non ho visibilità. Mi sento trascinare dalla corrente della gente che si muove: sto perdendo le mie radici. La mia vitalità si indebolisce, la mia luce si offusca: non vedo più chiaramente. Oppongo resistenza e investo tutte le mie energie nel radicamento: non voglio diventare un tronco inerme trascinato via. Fortifico il mio stare. Faccio fatica. Pianto i miei piedi a terra e focalizzo l'attenzione su di essi: immagino le mie radici scendere in profondità e cercare nutrimento nella Madre e flessibilità in una sorgente sotterranea. Il mio cuore riprende a pulsare di nuova vita ed erge i suoi rami in alto verso il cielo. Il sole li illumina e un fascio di luce attraversa il mio corpo e lo rende invisibile. Ora mi sento bene. Ho recuperato spazio e centratura. La folla attorno a me scivola via. E' il tempo dello stare. E' il tempo dell'accettazione. Non ho direzioni. Accolgo questi tempi difficili.

 "La verità è che non capisco cosa stia accadendo nel mondo"



Ad uso gratuito (CC0)  Pexels - Pixabay


mercoledì 8 settembre 2021

LA SALVEZZA DEL CORPO

 Con l'inizio della pandemia l'attenzione dell'uomo si è focalizzata sulla salvezza del corpo. L'imperiosa vicinanza della morte ha scosso le coscienze e la paura ha attivato la ricerca per la  sopravvivenza.
Questo movimento ha sbilanciato il già precario equilibrio dell'uomo in direzione della materia evidenziandone le contraddizioni e le dinamiche inconsce. 
Quel corpo, spesso bistrattato da ritmi frenetici, alimentazione scorretta e uno smodato uso di farmaci, è divenuto improvvisamente il fulcro di ogni decisione a livello mondiale ponendo in secondo piano il rispetto per la persona nella sua totalità di essere senziente.
Il dualismo manifestato trova negli estremismi il suo specchio.




Foto di Amine M'Siouri da Pexels


lunedì 8 marzo 2021

IL CORAGGIO DI ESSERE LEILA

Da quando ho iniziato la stesura di "Leila una storia come tante" ho letto tanti libri che parlavano di violenza sulle donne, di diritti delle donne, di invisibilità delle donne. E sto continuando a leggere saggi e ricerche scientifiche su questo argomento, instancabilmente e con immensa fatica. Non lo nascondo: di fronte ai numeri che quantificano la violenza sotto stimandola perché spesso gli episodi di violenza non vengono denunciati, mi sale una tristezza cosmica che diviene ancora più devastante quando leggo delle difficoltà nel mettere in atto azioni di tutela nei confronti delle vittime.

Ho lavorato a fondo sul mio femminile e ho avuto l'opportunità di farlo anche in gruppi di donne.  Anni di stereotipi di genere hanno segnato percorsi difficili da abbandonare e lasciato ferite profonde. C'è un gran lavoro di auto consapevolezza da portare avanti sia da parte femminile sia da parte maschile per tornare in equilibrio. Si tratta di un passaggio individuale che richiede grande coraggio e strenua volontà. Rimettere in discussione le proprie convinzioni e imboccare vie desuete per percorrerle in solitudine non è mai facile. Ed è innegabile che la società non sia ancora pronta ad accogliere una trasformazione di questo tipo.

Però un piccolo seme sta germogliando proprio a Biella, la mia città d'origine. Gli uomini della compagnia teatrale "Teatrando", hanno dato vita al flash mob "Uomini in scarpe rosse" mettendosi in gioco e agendo attivamente al fianco delle donne vittime di violenza. Questa iniziativa mi ha commosso e ha sciolto un bel cumulo della mia tristezza. Ritengo essenziale un'azione concreta  da parte maschile.

Oggi, in questo giorno così particolare, istituito a seguito dell'evento in cui perirono 129 donne a causa dell'incendio della Triangle Shirwaist Company di New York il 25 Marzo 1911, non posso che augurarmi che sempre più persone trovino il coraggio di essere Leila.

Dal dolore si può rinascere e Leila segna una strada al femminile in direzione dell'equilibrio. 

Gli "Uomini in scarpe rosse" hanno intrapreso una strada al maschile in direzione dell'equilibrio, trovando il coraggio di essere Leila e di indossare le sue scarpe.

Nuove vie si stanno manifestando. Nuove comprensioni e nuove prese di coscienza. 

Per tre lune cammineremo insieme fino al centro.

Donatella Coda Zabetta






sabato 6 marzo 2021

I CINQUE SENSI

 Proseguendo la riflessione postata con CI SIAMO PERSI, non ho potuto fare a meno di meditare sulla nostra umanità.
Ci siamo incarnati in un corpo che vive e si relaziona grazie all'utilizzo dei cinque sensi: vista, udito, gusto, olfatto e tatto.
Abbiamo smesso di vedere e di ascoltare da tempo per la nostra attitudine a chiuderci in noi stessi. Il Covid-19 da parte sua ha annullato gusto e olfatto e per cercare di controllare il virus, a nostra volta, abbiamo limitato, se non annullato i contatti diretti con l'altro.
Cosa rimane della nostra umanità? 
Non stupisce il fatto che depersonalizzazione  e deresponsabilizzazione caratterizzino il presente.
Possiamo a buon diritto definirci robotici.
L'altro non è più uno sguardo, un profumo, un dialogo, un sapore e un contatto che ci apre alla ricchezza dell'universo, così come noi stessi abbiamo smesso di esserlo.
Abbiamo rinunciato alla vita per sopravvivere: e questa consapevolezza risulta ancora più evidente nella sofferenza dei più giovani, bambini e adolescenti, in cui la vita preme per esprimersi e manifestarsi.
La paura della morte ha invaso la sfera della vita immobilizzandola.
I pensieri fluiscono senza limiti e mi inducono a riflettere sulla mancanza di equilibrio che sta coinvolgendo il mondo intero.
Un disequilibrio che si radica nella mancanza di consapevolezza e nell'estremizzazione del materialismo e dei bisogni, che fa della sopravvivenza del corpo robotico l'unica ragion di vita. 
Guardo il grande larice in cerca di risposte. Il cielo grigio lo incornicia e il vento ne sferza i rami che oscillano e dondolano: in quel movimento ritrovo la vita e la sua energia. Non si tratta di strenua resistenza, ma di un fluire naturale con l'elemento aria. Mi è capitato spesso di trovare rami spezzati a terra a causa del vento forte, ma il grande larice è ben radicato e ha saputo farvi fronte.
Le nostre radici sono in grado di mantenerci in vita? Siamo in equilibrio? 
La centratura nasce da un incontro di forze all'interno di noi: alto/basso, destra/sinistra, avanti/dietro; è facile perdere l'equilibrio quando il centro si sposta dal quel punto di incontro: Noi ci siamo abituati a fissare quel punto all'esterno con le inevitabili conseguenze che questo comporta: femminicidi, suicidi, depressione, inconsapevolezza...
Tutta la nostra esperienza si basa sull'identificazione. L'identificazione è la malattia spirituale più grave.
Osho ha scritto: "Vivi nel mondo, ma non lasciare che il mondo entri in te."
Che queste poche parole siano seme di meditazione per ciascuno di noi.

                                                             Donatella Coda Zabetta






domenica 28 febbraio 2021

IL PRENDERSI CURA

Venerdì passeggiando sul lungo lago di Pallanza  ha attirato la mia attenzione un cigno.  Vi era una strana immobilità nell'aria, forse per via della pausa pranzo, e pochi rumori a turbare il silenzio.
E' stato il contesto stesso a stimolare in me una riflessione tesa a legare immobilità e prendersi cura.
Spesso in questi mesi ci siamo visti limitati nel movimento. E spesso ci siamo lasciati andare al rilassamento del non poter uscire. I ragazzi con gli occhi gonfi di sonno, spettinati e in pigiama davanti al pc per la didattica a distanza e gli adulti in tuta al supermercato, in giro per la città o per una passeggiata. I visi coperti dalla mascherina.
Un gesto inconscio a rivendicare la libertà? Forse. 
Osservando il cigno e i suoi movimenti non ho potuto fare a meno di notare la bellezza del prendersi cura.
Un prendersi cura attento e paziente. 
La natura come sempre si rivela una grande insegnante e ci mostra come l'amore si nasconda nella semplicità dei piccoli gesti quotidiani. 





sabato 20 febbraio 2021

LE TENSIONI NEL CORPO

 Dall'inizio della pandemia, sia per la scarsa mobilità sia per le preoccupazioni scatenate dal Covid-19, il corpo ha specchiato con efficacia le nostre tensioni irrigidendosi e chiudendosi su se stesso. E' facile notare spalle incurvate e sguardi bassi e mirati in coloro che mascherati frequentano i supermercati per la spesa settimanale. La mancanza di attività fisica acuita dai divieti e dalla chiusura di palestre, piscine e piste da sci avrà sicuramente un impatto deleterio sul nostro stato di benessere psico-fisico.
Lo stato di immobilità esteriore ha evidenziato lo stato di immobilità interiore di molti con conseguenze devastanti: paura, depressione, sofferenza psicologica. Anche chi era abituato a lavorare interiormente non è risultato immune al ciclone Covid-19: mantenere apertura di cuore e uno stato di rilassamento ha richiesto moltissima energia in un periodo in cui è stato difficile ricaricare le pile con il movimento.
La convivenza forzata ha acuito le difficoltà latenti creando un circolo vizioso di aggressività. La stessa aria che respiriamo ogni giorno è carica di rabbia e frustrazione e non è semplice non rimanerne intossicati.
Personalmente sento la mancanza dell'elemento acqua a compensare e mitigare il fuoco che respiriamo. Significativo che per la medicina tradizionale cinese l'elemento acqua corrisponda ai reni, simbolo di vitalità. Quella vitalità che oggi più che mai si manifesta in tutta la sua fragilità.
Mai come in questi giorni percepisco il bisogno di una bella nuotata e delle proprietà terapeutiche dell'elemento acqua per lasciarmi andare e mitigare quella sensazione di pesantezza che sembra caratterizzare ogni parola e ogni gesto percepito.
Ed ecco che un bagno casalingo diviene terapia e coccola a ricordare la gioia delle piccole cose.



Foto di Diego Madrigal da Pexels

lunedì 25 gennaio 2021

IL LASCIAR ANDARE DEL CORPO

 Il lasciar andare del corpo è profondamente liberatorio. Pensiamo a quando defechiamo o uriniamo, o a quando rimettiamo a seguito di un'indigestione o di una ...sbornia. 
Dopo averlo fatto ci sentiamo bene: più leggeri, più vitali. E questa sensazione si intensifica ulteriormente se per riuscire a liberarci abbiamo sofferto o faticato.
Considerando che il nostro corpo nella sua espressione è diretto e esplicito, non possiamo che accogliere il suo insegnamento: per stare bene è importante lasciar andare.
Eppure questo naturale e fisiologico comportamento diviene molto difficile quando si tratta di lasciar andare un evento o delle parole che ci hanno creato sofferenza, uno stato d'animo o qualcosa del passato che ancora ci provoca dolore.
Tendiamo infatti a trattenere a lungo le tossine che adombrano il nostro cuore. E per schermarci da altro dolore, che non saremmo in grado di tollerare, proveniente dall'esterno, ci chiudiamo in noi stessi a tenuta stagna. E ci sentiamo proprio come quando non andiamo in bagno da un'intera settimana: stanchi, nervosi e intolleranti per il troppo pieno. E più si protrae l'incapacità a defecare e più stiamo male, tanto che alla distanza dobbiamo per forza inventarci qualcosa per riuscire a sederci sulla tavoletta con soddisfazione.
Eppure siamo disposti a dare di matto piuttosto che firmare la resa del lasciar andare quanto ci fa star male. Pensiamo ad una relazione malata: siamo consapevoli del dolore che ci crea, ma nonostante questo non abbiamo il coraggio di staccarci da essa. Vuoi perché abbiamo investito tanto in essa, vuoi perché ne siamo dipendenti, vuoi perché abbiamo paura di non trovare di meglio... le ragioni della nostra resistenza al lasciar andare sono molteplici e sostengono un bilancio negativo giustificandolo. Il fatto che stiamo male diviene marginale di fronte al terrore di stare peggio in caso di ...
Il nostro corpo non sarebbe d'accordo: è molto più saggio di noi e sa bene che il trattenere oltre il naturale limite dei nostri bisogni fisiologici porta malattia.
Nell'ultimo libro: "Leila una storia come tante", edito da Golem Edizioni, ho dedicato particolare attenzione al tema del lasciar andare e alle sue conseguenze. L'ho fatto in modo concreto, grazie alle storie dei diversi personaggi del romanzo. 
Il lasciar andare è essenziale per continuare a muoversi, crescere e rinascere.



Foto di Samson Katt da Pexels