Ci sono periodi in cui si tende a ricercare la leggerezza di attività che richiedono poca concentrazione: sono i periodi in cui si ha voglia di fare poco o niente in quanto ci si sente demotivati e scarichi.
L'immobilità di questi periodi può apparire come un blocco e creare tensione e preoccupazione in noi. Accogliere la staticità ci porta a fare i conti con la nostra mancanza di energie e non ci piace affatto.
Assuefatti all'idea che la produttività sia vita, il riposo forzato a cui ci costringe il corpo ci appare quasi sempre come una perdita di tempo prezioso.
Ho imparato con il tempo a riconoscere questi periodi e a farne tesoro.
Quando affrontiamo periodi faticosi, di scelta e di dolore, richiediamo al nostro corpo moltissima energia e quando ne usciamo ci troviamo inevitabilmente a fare i conti con la stanchezza e la spossatezza che ne derivano.
Il corpo, saggiamente, ci rimanda la necessità del riposo per potersi ricaricare e poter allo stesso tempo interiorizzare le esperienze fatte.
Quando focalizziamo le nostre energie all'esterno, il lavoro interiore è ridotto; al contrario, quando il nostro corpo ci induce al riposo, il lavoro interiore è intenso. Il cambio di rotta, esterno/interno, solitamemnte genera una grande confusione profondamente terapeutica. Se noi sapessimo chiaramente cosa fare e dove andare, molto probabilmente, trascureremmo i segnali del corpo e continueremmo a dirigere l'attenzione all'esterno evitando l'elaborazione dei passaggi fatti.
La confusione e il senso di smarrimento ci portano invece a stare fermi per favorire il passaggio di interiorizzazione. All'inizio le nostre resistenze al processo saranno intense e si manifesteranno come disagio fisico: mal di schiena, rigidità, tensione, mal di testa, difficoltà di digestione ...
Con la nostra resa, il corpo si rilasserà nel dolce far niente.
Pazienza e accettazione porteranno con sè chiarezza e forza per prepararci ad affrontare una nuova avventura.
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