lunedì 7 maggio 2018

LA VITA E LA MORTE

"Occorre ripristinare una cultura che non si ponga, rispetto alla morte, in un rapporto di semplice opposizione, che non la percepisca solo come la massima patologia del corpo, ma anche come un'esperienza di trasformazione dell'anima, e che non cerchi di negarla, sentendola solo come fine, ma la valuti anche, simbolicamente, come inizio. La società in cui l'iniziazione aveva un ruolo istituzionale era anche una società in cui la morte aveva un posto ufficiale. Queste due condizioni sono venute a mancare, non a caso, contemporaneamente."

Luigi Zoja, Nascere non basta. Iniziazione e tossicodipendenza, Raffaello Cortina, Milano 1985


Queste parole di Zoja sono un importante spunto di riflessione. In una società in cui è scomparso il concetto di limite, il senso di inadeguatezza e di inibizione hanno invaso le nostre vite.
Pensiamo alla malattia del corpo e al nostro approccio quasi sempre diretto a ricercare una cura efficace e immediata. Raramente ci soffermiamo a cercare di capire cosa la malattia ci segnala, così come spesso restiamo indifferenti ai bisogni fisiologici del nostro corpo (riposo, alimentazione corretta...) come se avessimo paura di riconoscere la nostra umana fragilità in una società che persegue la perfezione al di là di ogni limite. 



Foto Donatella Coda Zabetta
"La Pietà" di Michelangelo



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